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Gli ebrei credevano di aver diritto al Paradiso soltanto perché erano discendenti di Abramo.

E siccome molti resistevano agli insegnamenti divini e non volevano riconoscerlo come il Messia inviato da Dio, Gesù, minacciò loro la pena eterna dell'inferno.

"Vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno (gli ebrei) saranno cacciati fuori nel­le tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 8, 11-12).

Vedendo gli scandali del suo tempo e delle generazioni future, per far rinsavire i ribelli e preservare dal male i buoni, Gesù parlò dell'inferno e con toni molto forti: "Guai al mondo per gli scan­dali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!" (Mt 18, 7).

"Se la tua mano o il tuo piede ti scandalizzano, tagliali: è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, piuttosto che essere gettato con due mani e due piedi nell'inferno, nel fuoco inestin­guibile" (cfr. Mc 9, 43-46. 48).

Gesù, dunque, ci insegna che bisogna essere disposti a qualunque sacrificio, anche il più grave, come l'amputazione di un membro del nostro corpo, pur di non finire nel fuoco eterno.

Per sollecitare gli uomini a trafficare i doni ricevuti da Dio, come l'intelligenza, i sensi del corpo, i beni terreni... Gesù raccontò la parabola dei talenti e la concluse con queste parole: "Il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti" (Mt 25, 30).

Quando preannunciò la fine del mondo, con la risurrezione universale, accennando alla sua gloriosa venuta e alle due schiere, dei buoni e dei cattivi, soggiunse: "... a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli" (Mt 25, 41).

II pericolo di andare all'inferno c'è per tutti gli uomini, perché durante la vita terrena tutti corriamo il rischio di peccare gravemente.

Anche ai suoi stessi discepoli e collaboratori Gesù fece pre­sente il pericolo che correvano di finire nel fuoco eterno. Erano andati in giro per le città e i villaggi, annunziando il regno di Dio, guarendo gli infermi e cacciando i demoni dal corpo degli ossessi. Ritornarono lieti per tutto questo e dissero: "Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome". E Gesù: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore" (Lc 10, 17-18). Voleva raccomandare loro di non insuperbirsi per quanto avevano fatto, perché la superbia aveva fatto piombare Lucifero all'inferno.

Un giovane ricco si stava allontanando da Gesù, rattristato, perché era stato invitato a vendere i suoi beni e a darli ai poveri. II Signore così commentò l'accaduto: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli. A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”. (Mt 19, 23-26).

Con queste parole Gesù non voleva condannare la ricchezza che, in sé, non è cattiva, ma voleva farci comprendere che chi la possiede si trova nel grave pericolo di attaccarvi il cuore in modo disordinato, fino a perdere di vista il paradiso e il rischio concreto della dannazione eterna.

Ai ricchi che non esercitano la carità Gesù ha minacciato un maggior pericolo di finire all'inferno.

"C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Persino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: 'Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura'. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra voi e noi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né da lì si può attraversare fino a noi”. E quegli replicò: 'Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento'. Ma Abramo rispose: 'Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro'. E lui: “No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno”. Abra­mo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”. (Lc 16, 19-31 ).



I MALVAGI DICONO...

Questa parabola evangelica, oltre a garantirci che l'inferno esiste, ci suggerisce anche la risposta da dare a chi osa dire scioccamente: "lo crederei all'inferno soltanto se qualcuno, dall'aldilà, venisse a dirmelo!".

Chi si esprime così, normalmente è già sulla via del male e non crederebbe neanche se vedesse un morto risuscitato.

Se, per ipotesi, oggi venisse qualcuno dall'inferno, tanti corrotti o indifferenti che, per continuar a vivere nei loro peccati senza rimorsi, hanno interesse che l'inferno non esista, sarcasticamente direbbero: "Ma questo è matto! Non diamogli ascolto!".

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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
nell'aldilà