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LA STAMPA
5/5/2007
INCHIESTA SUI COSTI DELLA POLITICA
Partiti italiani?
I più cari d'Europa
Campagne elettorali sempre più dispendiose



Ogni anno 200 milioni di fondi pubblici, più delle presidenziali Usa
PAOLO BARONI
ROMA
C’è chi rilancia il 4 per mille e chi propone un bonus del 10% per chi organizza le primarie, chi vuole aumentare a dismisura il tetto per le donazioni dei privati, chi spinge per avere delle fondazioni e chi sta ancora pensando cosa fare. «Ma qualcosa farà». I partiti ogni anno si intascano oltre 200 milioni di euro di rimborsi elettorali (4 euro ogni voto ricevuto per i 5 anni di legislatura, totale 1 miliardo), contro gli 80 scarsi dei francesi ed i 133 di tetto massimo dei tedeschi o i 155 milioni di euro di una campagna per le presidenziali Usa, ma a loro i soldi ancora non bastano. In Senato sono cinque le proposte di legge che battono cassa, una alla Camera. E altre ne arriveranno a breve. Rari i casi in cui si propone un taglio delle elargizioni (lo fanno solo Valdo Spini ed i Radicali), quasi tutti cercano di introdurre nuovi sistemi di calcolo, nuove forme di finanziamento. Il cavallo di Troia è rappresentato da una serie di proposte di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, quello che disciplina l’attività dei partiti. Si spendono parole grosse, come democrazia e partecipazione, si immaginano authority di controllo, in alcuni casi si evocano i Padri della Repubblica. Poi, quando si va a stringere, negli articoli finali spunta inesorabile l’argomento soldi.

Chi batte cassa
A Palazzo Madama, da mesi, la commissione Affari istituzionali è una fucina di progetti. Il Dc Cutrufo propone la reintroduzione del 4 per mille, ma per evitare l’esperienza fallimentare del 1999 introduce l’indicazione diretta del destinatario. Con tanto di tutele della privacy. In contemporanea alla Camera, il suo collega Giampiero Catone cerca di far passare un emendamento per concedere i rimborsi elettorale anche le liste «meglio piazzate» tra quelle che non hanno raggiunto il 2% a livello nazionale ma che però sono presenti col loro gruppo parlamentare in almeno un ramo del Parlamento. Come la sua, ad esempio.

La proposta di An (Storace, Baldassarri, Gramazio e altri) non parla di soldi, ma come altri pdl sottolinea (in maniera forse interessata?) l’esigenza che una parte dei fondi finisca anche alle minoranze interne ai vari partiti. Sul 4 per mille battono anche le senatrici Carloni (Ulivo) e Negri (Gruppo per le Autonomie), che in più propongono una maggiorazione del 10% sui contributi per i partiti che scelgono di promuovere elezioni primarie, oltre ad un vincolo a favore «della partecipazione attiva delle donne alla politica» che obbliga «ogni partito e movimento politico» a destinare una quota pari al 10% dei rimborsi ricevuti. Praticamente identica la proposta presentata alla Camera da Franca Chiaromonte e altri deputati ds. Sempre al Senato è in arrivo una proposta del tandem Salvi-Villone, ma slegata dalla questione dell’articolo 49 «per evitare sovrapposizioni».

Forza... privati
Antonio Del Pennino mette in guardia da chi vuole riesumare il 4 per mille «perché - spiega - rischia di essere un finanziamento aggiuntivo». Per questo la sua proposta, che ha raccolto le firme di una dozzina di colleghi di Forza Italia, ha quasi le sembianze di una manovra Finanziaria. Propone un taglio secco dei contributi pubblici ma poi lascia spazio a maggiori elargizioni liberali da parte dei privati. «Servono regole di trasparenza nella vita interna e nei bilanci, per riavvicinare i cittadini alla politica spiega il senatore repubblicano -. Innanzitutto riduciamo da 5 euro a 1,25 euro il contributo destinato ai partiti ogni voto ricevuto e a regime, nel 2010, pensiamo di ridurre a 134 milioni di euro il totale delle erogazioni». Come? La prima prevede di elevare da 103.291,38 euro (i vecchi 200 milioni di lire) a 155 mila euro, il limite massimo delle erogazioni liberali a favore dei partiti cui si applica la detrazione d’imposta del 19% e di estendere tale beneficio anche ai candidati, pratica che sino ad ora non era prevista, per importi compresi tra 50 e 10 mila euro. Costo totale dell’operazione per le casse dello Stato, 3,76 milioni di euro l’anno per il triennio 2009-2011. A questa cifra di devono poi aggiungere i 38,4 milioni di euro l’anno che Del Pennino e c. pensano di drenare attivando la destinazione volontaria al singolo partito dell’8 per mille dell’Irpef da parte dei contribuenti. Più 30 milioni di euro in 3 anni per l’Authority chiamata a vigilare regolarità e trasparenza delle procedure.

A favore di partiti e candidati, oltre alla conferma degli sconti su spese postali e materiale tipografico, viene poi introdotta la riduzione al 4% dell’Iva sull’acquisto di beni e servizi, «regalando» così in 3 anni altri 40-50 milioni di euro l’anno. Del Pennino e C. propongono poi esenzioni per le sedi dei partiti, un tetto per i rimborsi dei referendum abrogativi (0,516 ogni firma raccolta anziché 1 euro) ed uno alle spese elettorali dei partiti, che oggi non esiste, e quindi nuove regole con cauzioni e penali anche per l’affissione dei manifesti.

I tagliatori
Alla Camera due proposte di legge puntano invece ad un deciso taglio: sono quella che stanno preparando i Radicali Turco e D’Elia e quella siglata da Valdo Spini. Che propone di calcolare i contributi elettorali non è più in base al numero degli scritti alle liste per la Camera, ovvero la platea più vasta che si potrebbe individuare, ma su quella dei voti validi espressi nelle differenti tornate elettorali, mentre per passare all’incasso occorre che i partiti siano riusciti ad eleggere almeno un senatore e due deputati alla Camera, la Parlamento europeo o in un Consiglio regionale. E comunque Spini prevede che dal 1° gennaio 2008 tutti i contributi per i rimborsi elettorali vengano comunque ridotti della metà. Anche Maurizio Turco e Sergio D’Elia propongono un bel giro di vite e col pdl che presenteranno a breve propongono l’abolizione dell’attuale sistema dei rimborsi obbligando le forze politiche a documentare le spese effettivamente sostenute. Altrimenti, niente soldi.




INES TABUSSO