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"I principi cardine – starei per dire biblici – della nostra Costituzione pongono a fondamento della convivenza civile valori condivisi dalla fede cristiana e dal magistero della Chiesa: così è per la centralità di ogni singolo individuo e la sua autonomia morale rispetto a qualsiasi autorità civile; così è per la valorizzazione della persona in tutte le sue collocazioni sociali; così è per il rifiuto di ogni discriminazione; così è per il rispetto reciproco; così per la solidarietà; così infine per la tolleranza".
(On. Clemente Mastella, ministro della Giustizia, intervento in occasione della visita pastorale di Benedetto XVI all’istituto penale minorile di Casal del Marmo, Roma, 18 marzo 2007)



"Una eventuale partecipazione degli omosessuali alla manifestazione sembrerebbe un comportamento scostumato, politicamente ed eticamente... Se gli omosessuali si presentano in piazza San Giovanni il gesto apparirebbe come una provocazione bella e buona... Non è il luogo loro. Eppoi se ci vengono a dire che anche loro 'sono famiglia' fanno uno sgarbo. Io rispetto gli omosessuali e, sul piano umano, non ho alcuna difficoltà a familiarizzare con loro però devono capire che i cattolici italiani ci sono e si faranno vedere in piazza"
(On. Clemente Mastella, ministro della Giustizia, Corriere della Sera, 21 marzo 2007)





vedi:

IL CAMPANILE NUOVO
QUOTIDIANO DEI POPOLARI UDEUR
20/03/2007
Combattere l’idea che il male si vinca solo con il male
di CLEMENTE MASTELLA

Riportiamo di seguito l’intervento del ministro della Giustizia in occasione della visita pastorale di Benedetto XVI all’istituto penale minorile di Casal del Marmo a Roma del 18 marzo 2007.

Santità, Le sono grato per aver accolto l’invito che Le rivolsi qualche tempo fa, e oggi incrociando e mescolando i sentimenti più disparati conditi da un po’ di emozione le dò il benvenuto come Ministro Guardasigilli. La mia presenza in questa straordinaria e particolare giornata è naturalmente connessa alle mie funzioni istituzionali, che io esercito nella piena consapevolezza della laicità dello Stato, ma forte anche delle mie convinzioni religiose, cattoliche. In nessun momento in me fa capolino l’idea che la laicità voluta dalla Costituzione italiana consista nell’assenza di valori e di prospettive etiche. Al contrario, i principi cardine – starei per dire biblici – della nostra Costituzione pongono a fondamento della convivenza civile valori condivisi dalla fede cristiana e dal magistero della Chiesa: così è per la centralità di ogni singolo individuo e la sua autonomia morale rispetto a qualsiasi autorità civile; così è per la valorizzazione della persona in tutte le sue collocazioni sociali; così è per il rifiuto di ogni discriminazione; così è per il rispetto reciproco; così per la solidarietà; così infine per la tolleranza. La condivisione di questi valori è tanto più preziosa in questi luoghi, che testimoniano come non sempre essi siano compresi ed osservati.
La Sua presenza, Santità, ci richiama al rispetto che abbiamo in comune per la persona umana, chiunque sia e ovunque si trovi. E’ perciò che questo nostro istituto, che oggi rappresenta simbolicamente tutti i luoghi di dolore e di speranza, l’accoglie con gioia e gratitudine. I nostri giovani ospiti, gli operatori civili e di polizia penitenziaria, il volontariato, Le rendono omaggio, un omaggio caldo e sincero. Solo qualche anno fa Giovanni Paolo II ebbe a rivolgersi al mondo della politica e delle Istituzioni affinché sapessero assumere decisioni di clemenza verso una popolazione sofferente; ci invitò a correre il rischio del bene. Ispirato anche da quella nobilissima istanza il nostro Parlamento ha proceduto alla approvazione di una legge che ha riportato maggiore umanità nella condizione carceraria italiana. Si è trattato di un atto di coraggio e di lungimiranza che ha comportato dei costi, ma ha pure rappresentato una scelta di civiltà, di perdono e di giustizia. La comunità carceraria, e questa in modo del tutto particolare, pone l’individuo al centro del suo progetto di rieducazione, consapevole del dettato costituzionale secondo cui la pena deve recuperare – nel rispetto del senso di umanità e dei diritti inviolabili – la capacità della persona di adempiere ai doveri di solidarietà civile. Noi crediamo che il modo migliore per raggiungere questo traguardo sia quello di rendere anche il carcere alla stregua di una di quelle formazioni sociali ove si riconosce e si svolge la personalità dell’uomo, in modo non diverso da quanto accade per la famiglia, per la scuola, per i luoghi di lavoro.
Vogliamo che anche il carcere riesca a favorire la libera e positiva evoluzione di ogni coscienza e la prospettiva di un apporto fattivo di ciascuno alla società civile, così come la famiglia e la scuola educano ad essere ad essere adulti e cittadini. Prendiamo queste istituzioni come pietre di paragone perché le riteniamo espressioni naturali di convivenza e di sviluppo, niente affatto superate, è il caso della famiglia, da una malintesa modernità, le riteniamo invece queste istituzioni, vere e proprie pietre angolari della nostra società. Sappiamo pure, per il quotidiano confronto col mondo della devianza e del delitto, che il condannato è quasi sempre il prodotto di una difficile situazione educativa, dove sono assenti o carenti valori alti di riferimento. Le giovani coscienze, private dell’attenzione della famiglia e della scuola, languono senza convinzioni e non riescono a riconoscere le regole dello stare assieme. Le nostre Istituzioni penali devono soddisfare il bisogno di attenzione che questi giovani ci richiedono, sancendo un vero e proprio patto con le agenzie di senso educativo e la famiglia. In questa opera è fondamentale avere una salda ispirazione, che noi riconosciamo nei principi costituzionali: essi determinano le modalità e le finalità di espiazione della pena, ma soprattutto costituiscono il contenuto essenziale dell’alleanza pedagogica che la società stipula con i giovani che hanno sbagliato. Il nostro traguardo è di confermare in essi la loro mai sopita dignità di cittadini, consapevoli di tutte le regole, sia che stabiliscano dei diritti, sia che esigano doveri.
Crediamo che questo obiettivo non si raggiunga con la sola segregazione, ma con l’integrazione e il reinserimento sociale. Santità, noi sappiamo che l’insegnamento della Chiesa è in forte sintonia col disegno costituzionale che l’organizzazione dello Stato è chiamata ad adempiere, poiché l’umanesimo cristiano pone al centro della propria visione il reinserimento sociale di chi ha sbagliato come fatto di alta carità, in nome della sua inalienabile dignità. La stessa Chiesa, per mezzo dei propri Ministri e delle proprie Organizzazioni caritatevoli, pratica concretamente, e noi Le siamo laicamente grati per questo, l’opera di rieducazione dei detenuti e di reinserimento di coloro che sono usciti dal carcere. E’ per questo che mi piace ricordare il lungo, generoso e paziente servizio pastorale reso proprio in questo istituto dal Cardinale Agostino Casaroli e la visita di Giovanni Paolo II, venuto a dare il suo conforto ai minori a rischio. La Sua presenza, Santità, oggi ci mostra che l’impegno della Chiesa verso i giovani affidati temporaneamente alla nostra Istituzione rimane forte e intenso. I giovani ospiti di questa struttura di recupero, operosamente tesa ad attuare i nostri principi costituzionali, saranno restituiti alle loro famiglie, alla società, alla libertà. Ciò comporta, ne siamo convinti, rischi e responsabilità.
A chi governa tutto ciò, compete assecondare la corretta assunzione di tale grave compito, evitando che esso debba essere continuamente messo alla prova. Perché ciò accada però, dobbiamo contrastare i grandi e consolidati interessi che stanno a monte della criminalità per avere la speranza di sconfiggerla. Dobbiamo restringere soprattutto l’area del disagio sociale; dobbiamo attingere alle risorse della solidarietà; dobbiamo combattere il disimpegno morale; dobbiamo combattere anche culturalmente l’dea che il male non si vinca se non con il male. Sono queste le strategie di un’autentica prevenzione del crimine minorile. Crediamo infine che sia inutile, e inutilmente crudele, pensare di abbassare fino alla fanciullezza la soglia della punibilità: l’inasprimento delle pene ed un sistema di norme più rigido non producono affatto, come qualcuno ritiene, una diminuzione del fenomeno della devianza minorile. E’ una finta scorciatoia che noi non seguiremo e non ci appare questa neppure la strada più opportuna per sconfiggere una sempre più accentuata tendenza al bullismo giovanile. Santità, noi condividiamo il Suo insegnamento secondo il quale i giovani non hanno bisogno di aggiungere nuove paure a quelle che già naturalmente nutrono per l’ignoto e per la solitudine. Essi richiedono l’attenzione e l’affetto che Ella ha dimostrato con la Sua presenza. La Sua parola, sono convinto, conforterà questi ragazzi per il loro non facile presente, e per i loro quotidiani momenti di solitudine e di abbandono. D’ora in poi sarà per noi tutti una ragione in più per adempiere con rinnovato vigore ai nostri doveri Intanto grazie ancora per questa storica occasione di incontro, grazie perché “ero carcerato e siete venuti a trovarmi”.
Clemente Mastella


INES TABUSSO