00 21/03/2007 23:30

CORRIERE DELLA SERA
21 marzo 2007
I pm chiedono le telefonate con 6 politici
Scalate: nelle conversazioni i ds Fassino, D'Alema e Latorre e gli azzurri Grillo, Comincioli e Cicu
Luigi Ferrarella

MILANO — Per l'inchiesta Antonveneta, 35 conversazioni del senatore di Forza Italia Luigi Grillo con il banchiere lodigiano Gianpiero Fiorani e la moglie dell'allora governatore di Banca d'Italia Antonio Fazio. Nel fascicolo sul tentativo di scalata di Unipol a Bnl, invece, 11 telefonate con l'allora top manager di Unipol Giovanni Consorte del senatore dalemiano Nicola Latorre, 6 del segretario ds Piero Fassino, e 2 dell'attuale ministro degli Esteri ds Massimo D'Alema (una delle quali su un telefono passatogli da Latorre). Infine, nel fascicolo sulla fallita scalata di Stefano Ricucci a Rcs, 20 telefonate tra l'immobiliarista e i parlamentari di Forza Italia Romano Comincioli e Salvatore Cicu (già sottosegretario alla Difesa). Complessivamente, sono queste 73 le telefonate — fra le 150 che su 14mila intercettazioni hanno avuto parlamentari come interlocutori di conversazioni captate su utenze altrui sotto controllo — per le quali ieri la Procura, in un'apposita udienza in camera di consiglio (e quindi a porte chiuse) ha chiesto al gip Clementina Forleo di domandare l'utilizzazione alle Camere di appartenenza dei 6 parlamentari: telefonate di cui i pm, pur senza ancora accennarne il contenuto, hanno prospettato la «rilevanza» per l'inchiesta Antonveneta, già conclusa con il deposito degli atti a 84 indagati un mese fa, e per quelle su Bnl e Rcs invece ancora nella fase delle indagini preliminari. Una richiesta, quella dei pm Perrotti e Fusco, curiosamente accolta ieri dal silenzio di tutte le difese, salvo quella di Grillo, l'unica a opporre argomenti respinti dal gip Forleo. Saranno invece di conseguenza distrutte tutte le restanti telefonate con parlamentari, tra i quali Marcello Dell'Utri, Cesare Previti, Aldo Brancher, Ivo Tarolli, Francesco Cossiga, Giancarlo Giorgetti. E un curioso disguido ieri ha destinato al macero anche la voce di Silvio Berlusconi nella telefonata con la quale Fiorani nel luglio 2005, appena incassato il via libera datogli da Fazio, esultava con l'alleato finanziere bresciano Emilio Gnutti, che, trovandosi a una cena elettorale con l'allora presidente del Consiglio, a un certo punto gli aveva passato Fiorani sul telefonino.
La Procura, infatti, ieri ha chiesto sì al gip l'utilizzo anche di questa telefonata, ma lo ha fatto a fine mattinata inserendola per errore nell'elenco Bnl/Rcs, e non invece all'inizio nel fascicolo Antonveneta, la cui relativa udienza a quel punto era già terminata, con la chiusura ufficiale del verbale e il rompete le righe degli avvocati di questo filone. Per i pm, comunque, non è un gran danno, visto che la conversazione Fiorani-Berlusconi era stata poi riassunta da Gnutti in una sua successiva telefonata intercettata e già agli atti. Ingorghi procedurali e complicazioni tecniche non sono invece ancora finiti per le intercettazioni indirette dei 6 parlamentari, a quell'epoca non indagati (in un secondo tempo lo è diventato il solo Grillo). Alla richiesta dei pm al gip di inviare in Parlamento la richiesta di autorizzazione prevista dalla legge Boato, il gip ha risposto con una mezza sorpresa: ha infatti deciso di ordinare, dal 30 marzo, la trascrizione in forma di perizia delle telefonate, sinora messe dai pm a disposizione ai difensori ma con una serie di filtri (solo files audio, identificazione, niente appunti, nessuna copia, omissis sugli elenchi). Al termine dell'udienza, ieri molti avvocati anticipavano l'intenzione di opporsi il 30 marzo, richiamandosi al fatto che la legge contempli la trascrizione solo dopo l'autorizzazione del Parlamento, e ritenendo dunque che una trascrizione anticipata finirebbe con lo svuotare le garanzie che la legge (per quanto farraginosa) vuole assicurare a deputati e senatori. In più, trattandosi di perizia, ogni difesa potrà chiedere di farvi partecipare un proprio consulente: altre 80 persone ammesse alla conoscenza del delicato materiale. E alla fine, trattandosi di perizia, se ne dovrebbero depositare gli esiti, così però mettendo in circolazione telefonate di cui il Parlamento potrebbe pero anche negare poi l'autorizzazione all'utilizzo. Controverso è anche se un qualche avviso formale debba essere dato dal giudice ai 6 parlamentari di cui verrebbero trascritte le telefonate: anche perché, a prescindere dalle garanzie riconosciute loro nel segmento di procedura che si svolgerà poi in Parlamento, in teoria potrebbero voler giocare a carte scoperte da subito, e ritenere di chiedere essi stessi la trascrizione delle proprie telefonate.





PRECEDENTI:

CORRIERE DELLA SERA
20 marzo 2007
Da D'Alema a Berlusconi e Fassino: pm e legali indicano per quali chiedere l'autorizzazione alle Camere
Scalate bancarie, udienza su 150 telefonate con politici
Luigi Ferrarella


MILANO — Oggi gli avvocati degli 84 indagati del procedimento Antonveneta sono stati convocati dal giudice Forleo per valutare come maneggiare le 150 intercettazioni che coinvolgono parlamentari. Ci sono la telefonata (già nota) che festeggia la scalata Antonveneta tra il banchiere Gianpiero Fiorani ed Emilio Gnutti, con il cellulare del finanziere bresciano che a un certo punto passa in mano a Silvio Berlusconi; e anche due inedite telefonate tra l'allora amministratore di Unipol, Giovanni Consorte, e Massimo D'Alema.
La telefonata (già nota) che festeggia la scalata Antonveneta tra il banchiere Gianpiero Fiorani e Emilio Gnutti, con il cellulare del finanziere bresciano che a un certo punto passa in mano all'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; ma anche due inedite telefonate tra l'allora amministratore di Unipol, Giovanni Consorte, e il leader dei Ds e attuale ministro degli Esteri, Massimo D'Alema. Poi le tante telefonate del senatore forzista Luigi Grillo con Fiorani e la moglie del governatore di Bankitalia, Antonio Fazio; ma anche alcune conversazioni tra Consorte e il segretario dei Ds, Piero Fassino, e molte tra il top manager Unipol e un dalemiano doc, Nicola Latorre. Il filo telefonico diretto tra l'immobiliarista Stefano Ricucci e il senatore di Forza Italia Romano Comincioli; ma anche qualche telefonata nella quale uno dei tanti indagati si ritrova a parlare con Marcello Dell'Utri o Cesare Previti, con l'Udc Ivo Tarolli o il leghista Giancarlo Giorgetti. Centocinquanta: tante sono — fra le 14mila telefonate intercettate nell'estate 2005 nell'inchiesta milanese sulle scalate bancarie che ha poi dato luogo a tre fascicoli (Antonveneta, Bnl, e Rcs) — le conversazioni nelle quali è accaduto che fosse un parlamentare l'interlocutore del soggetto di volta in volta sottoposto a regolare intercettazione dai pm su autorizzazione del gip Clementina Forleo. E oggi ci vorrà l'Aula Magna del palazzo di giustizia per accogliere gli avvocati (anche due per difesa) degli 84 indagati del procedimento Antonveneta, convocati proprio dal giudice Forleo per cominciare a maneggiare formalmente questo delicato e ibrido materiale: o meglio quella parte di esso che, all'epoca, l'accusa ritenne nè penalmente rilevante per i parlamentari indirettamente intercettati, nè necessaria per motivare i procedimenti (di sequestro di beni o di arresto di persone) emessi contro gli indagati; ma che ora sia l'accusa sia le difese hanno invece facoltà di ritenere comunque utili nel futuro processo, come elementi a carico o a discarico degli indagati.
Il problema, infatti, sta nei paletti posti dalla legge per le telefonate che abbiano parlamentari come interlocutori: se le parti (pm o difensori) ritenessero che qualcuna di queste telefonate possa giovare alle proprie tesi, le intercettazioni non potrebbero essere utilizzate senza prima che a concedere l'autorizzazione fosse l'organo di appartenenza (Camera o Senato) del parlamentare indirettamente ascoltato sul telefono dell'indagato intercettato. Per questo oggi i pm e gli indagati (tramite i loro difensori) potranno indicare al gip Forleo le telefonate di loro interesse, e chiedere al giudice che inoltri al Parlamento le relative richieste di autorizzazione. Allo stato è impossibile immaginare quante e quali di quelle intercettazioni verranno proposte per l'utilizzazione: le parti, infatti, potrebbero oggi chiederle tutte; non chiederne alcuna (e allora verrebbero distrutte e nessuno le conoscerebbe mai più); chiedere quelle di alcuni parlamentari e non di altri; chiedere di un parlamentare alcune telefonate sì e altre no. Nel frattempo, per continuare a proteggere fino all'eventuale autorizzazione delle Camere queste telefonate (di cui appositamente non è sinora stata disposta neppure la trascrizione), è stata adottata una macchinosa procedura. Quando un mese fa la Procura ha chiuso l'indagine Antonveneta e depositato i relativi atti agli 84 indagati, ha messo a disposizione degli avvocati anche tutte queste telefonate con parlamentari (comprese quelle nel frattempo confluite nei fascicoli Bnl e Rcs ancora in indagini coperte per il resto da segreto): ma ne ha subordinato l'ascolto materiale a una trafila burocratica che individuasse chi ascoltava quale telefonata, senza peraltro possibilità nè di duplicarne il file audio nè di prendere appunti sul contenuto. Di più: tra gli atti depositati e consegnati su dvd ai legali, l'elenco delle telefonate (data, ora, chiamante, chiamato) è stato omissato, e solo negli uffici dei pm gli avvocati hanno potuto visionare l'originale, facendosi almeno un'idea dei nomi dei parlamentari in questione. Sarà anche per questo, ma sta di fatto che nessun avvocato è andato ad ascoltare sinora le telefonate dei parlamentari (salvo lo staff del senatore Grillo che ha ascoltato quelle del proprio assistito).




INES TABUSSO