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"Sa cosa feci io subito dopo aver letto quelle intercettazioni?». No. «Lo sapevo, che non avrebbe ricordato. La politica ormai ha una tale velocità che...». Cosa fece, senatore?"


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CORRIERE DELLA SERA
18/03/2007
POLITO: "ADESSO RIABILITIAMO SOTTILE LUI SBAGLIO' A LASCIARE, FINI AD ACCETTARE"
RONCONE FABRIZIO intervista POLITO ANTONIO


ROMA - Antonio Polito, per lei, senatore della Margherita: l' ex portavoce di Gianfranco Fini, Salvo Sottile, deve essere riabilitato, come chiede il Secolo d' Italia, o no? «Guardi, fosse dipeso da me...». Fosse dipeso da lei? «Nel tritacarne mediatico, Sottile non ci sarebbe mai finito». Ma è andata diversamente. «Molto. Troppo. Quell' uomo fu sottoposto a un autentico linciaggio. Una vergogna, per un Paese democratico». Senatore, ricorderà che le accuse della Procura di Potenza erano piuttosto pesanti. Sostenevano che la soubrette Gregoraci, in cambio di favori... «Ricordo. Però ricordo anche una violazione intollerabile della vita privata di Sottile e, diciamolo, pure della Gregoraci». Il giudice Woodcock si basò su alcune intercettazioni, e in quelle intercettazioni... «Le rispondo subito. Sa cosa feci io subito dopo aver letto quelle intercettazioni?». No. «Lo sapevo, che non avrebbe ricordato. La politica ormai ha una tale velocità che...». Cosa fece, senatore? «Mi feci promotore di una raccolta di firme, per promuovere un disegno di legge che prevedesse l' introduzione di una commissione d'inchiesta in grado di accertare eventuali abusi sull' utilizzo delle intercettazioni». In quanti firmarono? «Oltre settanta parlamentari, di entrambi gli schieramenti. Ma sa cosa accadde?». Mastella... «Esatto. Il ministro di Grazia e giustizia disse che ci avrebbe pensato lui, io mi fermai, e invece...». Sottile comunque si dimise. «E Sircana, no. È questo che vuol dire?». Più o meno... «E infatti io dico che nemmeno Sottile si sarebbe dovuto dimettere». Fini sbagliò ad accettare le dimissioni? «Sì, sbagliò».




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LA STAMPA
18/3/2007
IL CASO
Là dove fioriscono le tessere
Anche nella Margherita è polemica: a Roma si è iscritto un elettore su tre
ANTONELLA RAMPINO

In uno sperduto paesino della Sicilia, un signore che vuole iscriversi alla Margherita si presenta nel giorno, nell’ora e nel luogo che gli sono stati indicati. Solo che si tratta di un bar, e per giunta chiuso. Dopo poco però gli si avvicina un tale, «Non ti preoccupare: sei iscritto lo stesso al circolo della Margherita, e anzi sei anche già stato eletto delegato».

Due dei cinque colonnelli che a Roma verificano la regolarità dei congressi, Rino Piscitello che è anche di garanzia per Rutelli, e Natale D'Amico che è anche di garanzia per i parisian-ulivisti, non confermano e non smentiscono. Ma la storia circola, e come ogni buona leggenda contiene elementi di verità. La proliferazione delle tessere, emesse da circoli, che magari hanno sede in un bar, in un oratorio, in un appartameto, in un negozio. Un po’ come è a Forza Italia, insomma. Perché per iscriversi alla Margherita, stabilisce lo statuto, ci si iscrive al circolo, «ed è questo che gonfia i numeri e rende le tessere poco verificabili», dice il rutelliano Roberto Giachetti, segretario uscente di Roma.

I Circoli della Margherita spiegano anche perché Rosi Bindi vorrebbe, una volta nato il Partito Democratico, veder chiuse le sezioni dei diesse, e perché dalla Quercia Caldarola le abbia risposto «non voglio finire a far politica all’oratorio». Perché se all'ombra della Quercia infuria la pugna politica attorno a tre mozioni da congresso, il paradosso è che nella Margherita si litiga anche di più pur avendo un’unica mozione, quella che propone di sciogliere i dielle, se si costituirà il Partito Democratico. L’un contro l’altro armati, a macchia di leopardo lungo tutta la penisola e con alleanze incrociate e variabili, sono rutelliani, mariniani, demitiani, gli ex popolari di Franceschini e Castagnetti. In più, adesso c’è la corrente di Enrico Letta, che col suo 6-7 per cento in molte situazioni fa da ago della bilancia.

In vista del congresso nazionale signori delle tessere e capi tribù si son dati battaglia. Tenere le posizioni anzitutto, contro i parenti-serpenti dello stesso partito, e per fronteggiare meglio in futuro i diessini. Il caso di Roma, e dei 49.243 convocati per tre giorni di congresso all’Ergife quando per contenerli tutti non sarebbe bastato un Palasport, ha avuto la sua risonanza nazionale, attirando l’attenzione e il sarcasmo di «Striscia la notizia»: «Ma perché non andate a contare le tessere di Forza Italia?», ha replicato l’ufficio stampa centrale, quello di Rutelli. Ma il fatto, spiega Natale D’Amico con la gravità di chi è stato grand commis in Banca d’Italia, «è che 37 mila tessere in più a Roma, quando i diesse che sono il doppio di noi ne hanno solo 14 mila, significa che si è iscritto alla Margherita un elettore su tre, visto che nella Capitale nel 2001 ci han votato in 150 mila: come possiamo non preoccuparci di quel che sta diventando il partito?». Per giunta i garanti han le mani legate: le decisioni si possono prendere solo all’unanimità, se non c’è accordo politico non se ne fa niente. I casi da esaminare non sono mancati. Mille e seicento nuove tessere contestate a Caserta; ad Avellino a una parte degli iscritti non è stato consentito di partecipare al voto, dicono i rutelliani, col quale poi è stato effettivamente eletto coordinatore Giuseppe De Mita; a Salerno il congresso è stato più volte rinviato per «mancanza di intesa politica», poi si è tenuto «ma l’abbiamo annullato» dicono i garanti. E quando i faldoni dei ricorsi campani approdano all’organismo di garanzia, a Roma, si sfiora la rissa, la cosa si viene a sapere e produce una nota di smentita ufficiale.

«Alla fine una composizione unitaria l’abbiamo trovata, ma è stata dura» sospira Rino Piscitello che è di corporatura possente e in quell’occasione la fece valere: «Non si riusciva a mettere d’accordo i demitiani con i rutelliani, e per giunta a Napoli la metà di noi sta con De Mita, e così pure molti mariniani». Alla fine, per far quadrare il cerchio dopo un mese e mezzo di riunioni sono scesi in campo i big: Rutelli e De Mita han trovato un accordo, segretario partenopeo sarà Antonio Polito, che ha accettato di ritirare la sua iniziale indisponibilità. E non che nel resto d’Italia sia andato diversamente: in tutto, 125 ricorsi da 34 diverse provincie. Anche da Bologna.

La ex-popolare Daniela Turci denuncia «intimidazioni telefoniche» per farle ritirare la candidatura a coordinatrice del partito. Risultato: per far pace, serve un Sms di Prodi in tempo reale, a congresso in corso: «Ricordatevi, il congresso deve essere u-ni-ta-rio!». Il peggio, a fine marzo sarà passato: i congressini chiuderanno i battenti, e ad aprile ci sarà a Roma il congressone nazionale. «Ma la fase più pericolosa è proprio quella della transizione verso il Partito Democratico, da noi come nei diesse le solidarietà interne si stanno allentando, e c’è chi pensa anzitutto a difendere le proprie posizioni sul territorio», dice Polito. E chiedendo «una data certa per la Costituente, con regole nuove per tutti», Giachetti si è messo pure in sciopero della fame. Basterà?




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Irpinia news
Salerno - I "demitiani" ottengono l'annullamento del congresso
mercoledì 14 marzo 2007 alle 17.57


www.irpinianews.it/Politica/news/?news=16680




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www.denaro.it/go/a/_articolo.qws?recID=267484
Campania
margherita
6-03-2007

Polito: Un ruolo a Napoli? Sì, ma solo per il Pd
Il senatore Antonio Polito è disponibile ad accettare un ruolo-guida nel partito a Napoli, ma a precise condizioni. “Dipenderà tutto dall’andamento della fase congressuale, dall’unità del partito, dalla sua capacità di proiettarsi verso l’esterno e dalla possibilità di lavorare alla costruzione del Partito democratico”, dice l’esponente diellino. Che di polemiche non vuole sentirne parlare: “ In tutta onestà non è il mio lavoro mettere pace tra le anime della Margherita. Io sono un senatore che prova a contribuire alla costruzione del soggetto unitario”.
di Antonella Autero


Domanda. Senatore, le stato offerto un ruolo guida nella Margherita per la città di Napoli. Accetterà?
Risposta. Pur provenendo da altro mestiere e pur non avendo mai immaginato di poter essere richiesto per la direzione politica in senso stretto, sulla base di un’insistenza da parte dei dirigenti nazionali, ho rimosso la mia indisponibilità “esistenziale” e ho aperto la porta a questa possibilità. Ma ad alcune condizioni.
D. Quali?
R. Dipenderà tutto dall’andamento della fase congressuale, dall’unità del partito, dalla sua capacità di proiettarsi verso l’esterno e dalla possibilità di lavorare alla costruzione del Partito democratico.
D. Su Napoli, ma anche su tutte le altre province campane, è in corso un braccio di ferro tra demitiani e rutelliani per la guida del partito. Per il capoluogo il suo nome è stato invocato come quello di un personaggio di garanzia…
R. In tutta onestà non è il mio lavoro mettere pace tra le anime della Margherita. Io sono un senatore che prova semplicemente a contribuire alla costruzione del partito democratico. Non conosco a fondo le vicende interne a Bapoli, né d’altra parte credo sia questo il punto cruciale delle sfide che attendono i Dl.
D. Non teme che in Campania il Pd possa incontrare maggiori ostacoli per l’atteggiamento ostile di Ciriaco De Mita?
R. Credo che quella del Partito democratico sia una strada già segnata e sono convinto che più tardi ci si arriverà, più danni si faranno al centrosinistra. Spero anzi che in Campania, proprio grazie alle posizioni di De Mita e alla sua esperienza, avremo la possibilità di aprire una discussione più politica, aperta al confronto tra diverse posizioni.
D. Nel partito qualcuno avrebbe preferito la federazione al contenitore unico in cui si dissolvono le singole identità.
R. L’idea della federazione ce la siamo lasciata alle spalle da tempo. La rispolvererei solo in un’altra veste.
D. Quale?
R. Mi piacerebbe che il partito democratico avesse una forte autonomia su base regionale. Quindi, l’idea di tante federazioni, che fanno capo a una struttura centrale, ma mantengono la propria indipendenza rispetto ad essa, non mi dispiace affatto.




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IL MATTINO
19/03/2007
Margherita, Polito segretario

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PAOLO MAINIERO Sarà l’aria della primavera, fatto sta che la Margherita ricompone i suoi petali e, dopo Salerno, rifiorisce anche a Napoli. La faticosa, ritrovata unità apre la strada verso la segreteria cittadina ad Antonio Polito: il senatore aveva condizionato la sua disponibilità a un accordo tra le varie componenti del partito. E l’accordo c’è stato. Sabato prossimo, alle Terme di Agnano, il rutelliano Polito, nato a Castellammare di Stabia, giornalista, sarà eletto (ma in realtà sarà acclamato) dal congresso. La pace è stata siglata durante un incontro all’Hotel Terminus. C’erano Nicola Tremante e Angelo Montemarano per i demitiani, il rutelliano Riccardo Villari, Pasquale Sommese, il segretario uscente Nino Bocchetti, il capogruppo comunale Giovanni Palladino. Nei panni di mediatore, Nicodemo Oliveiro, presidente della commissione nazionale di garanzia. Preso atto che i congressi municipali erano stati tutti annullati, si è convenuto che continuare nel muro contro muro avrebbe soltanto arrecato danni al partito. Da qui la necessità di arrivare a un’intesa che in realtà è stata costruita a Roma e che Napoli ha recepito e sottoscritto. In base all’accordo, l’area De Mita-Villari-Sommese avrà 33 delegati al congresso cittadino, l’area Bocchetti ne avrà 29. Altri tre delegati restano a disposizione del coordinamento nazionale. Il congresso di sabato eleggerà poi i quaranta delegati all’assemblea regionale del 30 e 31 marzo. Polito avrà due vice, rappresentanti delle due anime del partito, mentre il presidente cittadino sarà indicato dai demitiani. «Abbiamo lavorato per raggiungere l’unità - commenta Bocchetti - e finalmente possiamo consegnare alla città un partito coeso». Positivo anche il giudizio di Sommese. «Ha prevalso il buon senso - osserva il consigliere regionale - e ora possiamo lavorare per rilanciare la Margherita». Il primo segnale della fine della contrapposizione tra l’area De Mita-Villari-Sommese e quella di Bocchetti è stata l’elezione dei coordinatori delle municipalità. Sono stati eletti Luigi Trematerra (Miano), Gaetano Raiola (Vomero-Arenella), Cesare Palladino (Piscinola), Giuseppe Fiorito (Chiaia-Posillipo), Giorgio Cuozzo (Pianura), Massimo Cilenti (Ponticelli-San Giovanni), Nicola Laburnia (Stella-San Carlo), Vincenzo Gallotto (Avvocata). Restano da eleggere i coordinatori di San Lorenzo (dove giovedì dovette intervenire la Digos per sedare un principio di rissa) e Fuorigrotta dove si dovrebbe votare domani. Superato lo scoglio di Napoli e raggiunta l’intesa a Salerno, dove pure il congresso fu annullato per una lite tra demitiani e rutelliani, la Margherita può cominciare a guardare al congresso cittadino di fine mese a Città della Scienza. Ciriaco De Mita ha la strada in discesa verso la riconferma alla segreteria. Resta solo da capire se Angelo Villani, presidente della Provincia di Salerno, confermerà la sua candidatura o anche lui, come successo a Caserta con Giuseppe Stellato e in provincia di Napoli con Alfonso Ascione, deciderà di ritirarsi.




INES TABUSSO