00 16/09/2006 18:27

CORRIERE DELLA SERA
16 settembre 2006
Polemiche dopo la prima puntata di Anno Zero
Santoro e il caso Milano: protesta dei Carabinieri
Il vertice dell'Arma: informazioni non verificate.
La Lega: ha infangato la città.
An critica.
Il generale Siazzu: dimenticate le azioni silenziose dei militari. Insorgono anche i costruttori edili.
Il giornalista: abbiamo fatto bene il nostro lavoro


ROMA — Protesta la Lega, e tutto il centrodestra che governa Milano. Protestano gli imprenditori dell'edilizia. Soprattutto protesta il comandante generale dei carabinieri. E davanti alle reazioni per il suo ritorno in televisione, Michele Santoro gongola: «Bene, vuol dire che abbiamo fatto il nostro lavoro. Nelle inchieste bisogna parlare delle cose che non vanno non di quelle che vanno. E allora c'è sempre qualcuno che non la prende bene».

CARABINIERI — Non è certo usuale che il comandante dei carabinieri commenti un programma tv. È successo ieri, con Anno zero. «Non ci confortano — ha detto il generale Gianfrancesco Siazzu — alcune trasmissioni che mostrano episodi disdicevoli e con informazioni da verificare, dimenticando le azioni compiute in silenzio e senza clamore dai nostri carabinieri». Malumore non solo per i filmati sulla Milano violenta, che suscitano il gelido commento del questore Paolo Scarpis: «Mi occupo di sicurezza non di polemiche. Le situazioni di degrado si possono trovare non solo qui ma in qualunque grande città». Malumore anche per l'intervento del giornalista Fabrizio Gatti che, fingendosi extracomunitario, è entrato in un centro di permanenza per immigrati e ha raccontato gli episodi di violenza di cui è stato testimone. «So benissimo — replica Santoro — che su 100 carabinieri 99 sono buoni, sono pagati per esserlo. Ma se un giornalista racconta qualcosa che non va, fossi nel generale mi preoccuperei di accertare come sono davvero andate le cose invece di protestare».

IMPRENDITORI — La trasmissione ha mostrato anche una serie di irregolarità nei cantieri edili. «La complessa realtà del settore non corrisponde alla rappresentazione di casi specifici esibita dal reportage», si difende Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil, l'associazione degli imprenditori edili lombardi. «Molti meccanismi che abbiamo raccontato — risponde Santoro — non sono illegali, ma resta il fatto che il caporalato trasforma il lavoratore in schiavo. Non abbiamo nulla contro l'impresa, contro chi produce ricche

POLITICI — La Lega, con il senatore Dario Galli, accusa Santoro di «infangare Milano con i soldi del canone pagato anche dai milanesi». Il neo presidente della commissione di vigilanza, Mario Landolfi (An), dice che il «servizio pubblico non può diventare la tribuna delle personali inquietudini di un giornalista». Duro anche il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato: «Santoro è uno uno dei giornalisti eletti nelle fila del centrosinistra, ha chiuso la trasmissione con Bertinotti. Ho detto tutto». Il conduttore replica che la prossima puntata sarà su Napoli «e a quel punto ad arrabbiarsi sarà l'Unione». Ma in sua difesa scende anche il ministro della Comunicazioni, Paolo Gentiloni: «È stato un felice inizio non solo per il fatto in sé, il ritorno di Santoro dopo l'esilio, ma perché abbiamo rivisto un modo di fare televisione che in questi quattro anni era sopravvissuto solo in qualche frammento».
L.Sal.




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LA PADANIA
16 settembre 2005
Puntata sugli immigrati sfruttati ma si dimentica le telecamere nelle piazze dove delinquono
Con Santoro ritorna l’inchiesta a senso unico
SIMONE GIRARDIN

Per il gran ritorno in tv, dopo l’editto bulgaro del Cavaliere, Michele Santoro non si è voluto togliere il vizietto del “giornalismo d’inchiesta”. L’altra sera, dagli studi romani di via Teulada, si è occupato degli immigrati, motore dell’economia. Quelli che nel nord produttivo fanno le fortune degli imprenditori edili.
A guardare su Raidue i reportage della sua squadra di “inchiestisti” di “Anno Zero” si è scoperta una Milano e una Lombardia brutte. Altro che modelli di efficienza, solidarietà e innovazione al servizio del paese: solo un mondo di degrado e di un benessere che secondo Santoro sembrano fondati sullo sfruttamento e sull'illegalità.
Immagini e parole che ci hanno spiegato come l’extracomunitario intruffolatosi nel Belpaese diventa presto manodopera a basso costo di avidi artigiani bresciani o bergamaschi. Signori che solo un tempo rappresentavano la tipica laboriosità padana della fatica e del sacrificio e che oggi si sono trasformati in sordi sfruttatori di stranieri. Un’inchiesta lunga e circostanziata, tutta vista dagli occhi dell’extracomunitario che subisce i soprusi dell’imprenditore italiano e intervallata dalla rabbia di qualche giovane del nostro paese marchiato perchè vuole rivendicare il suo diritto alla casa prima dei nuovi arrivati o perchè «gli stranieri hanno abbassato il valore del nostro immobile».
Anche questa volta Santoro non si è smentito. Le telecamere piazzate ad inquadrare ciò che serviva alla causa: quella di dare l’immagine di Nord sfruttatore e avido sulla pelle degli stranieri.
Nulla si dice dei tanti immigrati che hanno trovato accoglienza e lavoro nella regione più produttiva del Paese. Nulla si è visto di ciò che succede in molte piazze e periferie del capoluogo lombardo dove immigrati irregolari spacciano davanti alle famiglie o controllano il sesso da marciapiede. Bastava farsi un giro di notte per Milano o in altre città per capire che si è vista un’inchiesta alla Santoro. Di parte, di una fotografia scattata a metà per una realtà ben più complessa. Che ci racconta della presenza quotidiana di sacche di sfruttamento nei cantieri edili ma pure di spacciatori e ladri clandestini. Allora il problema è, come si dice, a monte. Come è possibile che accadano cose del genere? Così come si è letto nella Puglia dei pomodori dalla coraggiosa inchiesta di Fabrizio Gatti. Eppure le leggi ci sono. Vanno applicate, anche con l’aiuto delle forze dell’ordine.
Comunque ben tornato Santoro. Ben tornato in prima serata anche se lo share (16%) non lo ha fatto troppo sorridere. Il rodaggio vale per tutti. Anche per il padre degli epurati. Ci mancherebbe altro.
Ma soprattutto diciamo ben tornato a quel suo tipico “chiagne e fotte” - come scriveva Aldo Grasso sul Corriere della Sera - che «si identifica con la libertà d’informazione del Paese, con il livello culturale del Paese, con la tv di qualità del Paese». Perchè se Santoro è fuori dal video - ricordava Grasso - scivoliamo «nell’analfabetismo, veniamo confinati nei Paesi in via di sviluppo». Intanto lui non vuole sentir parlare di paragoni con Ballarò e con Report. Anche perché il paragone più azzeccato - scriveva ieri il Velino - è quello con Lucignolo. Un Santoro che ha cercato e cercherà in queste undici puntate di stupire, di sperimentare nuove strade, e che non mancherà di togliersi qualche sassolino dalle scarpe: le bordate a Previti e Paolo Berlusconi sono l’antipasto.
Peccato averlo tolto dal video prima delle elezioni. Il centrodestra avrebbe avuto un alleato in più. Fazioso ma vincente.




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LA STAMPA
16 settembre 2006
Puntata sugli immigrati sfruttati ma si dimentica le telecamere nelle piazze dove delinquono
Con Santoro ritorna l’inchiesta a senso unico
ALESSANDRA COMAZZI

Per il gran ritorno in tv, dopo l’editto bulgaro del Cavaliere, Michele Santoro non si è voluto togliere il vizietto del “giornalismo d’inchiesta”. L’altra sera, dagli studi romani di via Teulada, si è occupato degli immigrati, motore dell’economia. Quelli che nel nord produttivo fanno le fortune degli imprenditori edili.
A guardare su Raidue i reportage della sua squadra di “inchiestisti” di “Anno Zero” si è scoperta una Milano e una Lombardia brutte. Altro che modelli di efficienza, solidarietà e innovazione al servizio del paese: solo un mondo di degrado e di un benessere che secondo Santoro sembrano fondati sullo sfruttamento e sull'illegalità.
Immagini e parole che ci hanno spiegato come l’extracomunitario intruffolatosi nel Belpaese diventa presto manodopera a basso costo di avidi artigiani bresciani o bergamaschi. Signori che solo un tempo rappresentavano la tipica laboriosità padana della fatica e del sacrificio e che oggi si sono trasformati in sordi sfruttatori di stranieri. Un’inchiesta lunga e circostanziata, tutta vista dagli occhi dell’extracomunitario che subisce i soprusi dell’imprenditore italiano e intervallata dalla rabbia di qualche giovane del nostro paese marchiato perchè vuole rivendicare il suo diritto alla casa prima dei nuovi arrivati o perchè «gli stranieri hanno abbassato il valore del nostro immobile».
Anche questa volta Santoro non si è smentito. Le telecamere piazzate ad inquadrare ciò che serviva alla causa: quella di dare l’immagine di Nord sfruttatore e avido sulla pelle degli stranieri.
Nulla si dice dei tanti immigrati che hanno trovato accoglienza e lavoro nella regione più produttiva del Paese. Nulla si è visto di ciò che succede in molte piazze e periferie del capoluogo lombardo dove immigrati irregolari spacciano davanti alle famiglie o controllano il sesso da marciapiede. Bastava farsi un giro di notte per Milano o in altre città per capire che si è vista un’inchiesta alla Santoro. Di parte, di una fotografia scattata a metà per una realtà ben più complessa. Che ci racconta della presenza quotidiana di sacche di sfruttamento nei cantieri edili ma pure di spacciatori e ladri clandestini. Allora il problema è, come si dice, a monte. Come è possibile che accadano cose del genere? Così come si è letto nella Puglia dei pomodori dalla coraggiosa inchiesta di Fabrizio Gatti. Eppure le leggi ci sono. Vanno applicate, anche con l’aiuto delle forze dell’ordine.
Comunque ben tornato Santoro. Ben tornato in prima serata anche se lo share (16%) non lo ha fatto troppo sorridere. Il rodaggio vale per tutti. Anche per il padre degli epurati. Ci mancherebbe altro.
Ma soprattutto diciamo ben tornato a quel suo tipico “chiagne e fotte” - come scriveva Aldo Grasso sul Corriere della Sera - che «si identifica con la libertà d’informazione del Paese, con il livello culturale del Paese, con la tv di qualità del Paese». Perchè se Santoro è fuori dal video - ricordava Grasso - scivoliamo «nell’analfabetismo, veniamo confinati nei Paesi in via di sviluppo». Intanto lui non vuole sentir parlare di paragoni con Ballarò e con Report. Anche perché il paragone più azzeccato - scriveva ieri il Velino - è quello con Lucignolo. Un Santoro che ha cercato e cercherà in queste undici puntate di stupire, di sperimentare nuove strade, e che non mancherà di togliersi qualche sassolino dalle scarpe: le bordate a Previti e Paolo Berlusconi sono l’antipasto.
Peccato averlo tolto dal video prima delle elezioni. Il centrodestra avrebbe avuto un alleato in più. Fazioso ma vincente.




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www.crisalidepress.it/news.php?ID=1158326597
SANTORO: L’ANNO ZERO DELL’IMMAGINE
15-09-2006
Gianluca Lo Vetro


Anche la tv più impegnata ha un look patinato e un tono rosa. Altro che i tempi in cui la contestazione doveva vestire solo in eskimo. La prima puntata di Anno Zero, l’attesissimo show su Rai Due che segna il ritorno di Michele Santoro sul piccolo schermo, si è aperta col volto di Beatrice Borromeo: modella di sangue blu, nipote di nonna Marta Marzotto e dello zio Matteo (neo presidente di Valentino), protagonista della mondanità internazionale. Ma soprattutto bellezza giovane che sa anche parlare, visto che a lei è affidato il primo monologo-corsivo.

LA BELLEZZA DELL’IMPEGNO

Per l’occasione Beatrice non è leziosa come quando, per esigenze di copione, sfila sulle passerelle di Blumarine fra trine e merletti. Ma esibisce un trucco duro che la fa sembrare più adulta, un look un po’ ’70 da fashion alternativa. E in particolar modo, un pensiero maturo sui due mondi che abitano a Milano (“chi ci vive e chi ci è nato”) che potrebbe essere il testo di un abile ghost writer. Ma probabilmente è proprio la filosofia di Beatrice (magari messa giù in linguaggio giornalistico da un autore) che riflette in pieno l’eredità culturale sinistroide della madre, Paola Marzotto.

Un tempo li avrebbero chiamati “radical chic” o “comunisti allo champagne” con un sottointeso ironico. Oggi bisognerebbe trovare un nuovo appellativo. Anche perché, finalmente, si sono infranti i vecchi schieramenti con relative logiche verticali. E in questa società trasversale è quasi più facile che un nobile o una modella siano di sinistra, anziché di destra.

Forse è più difficile credere che Beatrice Borromeo, come racconta nel suo discorso, stigmatizzato dal geniale Aldo Grasso nel suo articolo sul Corriere della Sera, di notte torni a casa da sola dalla Stazione Centrale. Ma chi è abituato a vedere la giovane indossatrice dietro le quinte delle sfilate ha la prova provata che, come tante studentesse-lavoratrici, anche la top ripassi la lezione per razionalizzare i tempi morti, tra una passerella e l’altra. Senza tante menate.

L’IMPEGNO ABBELLITO

Dopo l’esordio della bellezza impegnata, arriva Santoro: l’impegno abbellito. Già, perché il giornalista emarginato dal video per 4 anni sfoggia una nuova acconciatura di un biondastro-grigio. Una fusion degna del greige di Armani che, peraltro, potrebbe anche essere l’autore dell’abito: morbido e con i rever sottili, come vuole l’ultima moda.

Usiamo il condizionale perché, nei titoli di coda che scorrono in fretta, non riusciamo a leggere la menzione di “chi veste chi”. Forse perché, non abbiamo gli occhiali. O magari perché, Santoro non vuole scivolare sulla lista delle “non spese” (“la cravatta di...”, “la camicia di...”, “le mutande di...”), francamente imbarazzante, che concludeva persino Porta a porta di Vespa.

Insomma, seppur con modi politically correct, Santoro mostra di essere sensibile all’immagine. Il che, aldilà della vanità del soggetto che certo deve essere rilevante, prova come una certa sinistra si sia evoluta o potrebbe evolversi. Dandosi pace - una volta per tutte - che l’estetica non è un furto, come “la proprietà”. E l’immagine non toglie, ma può solo aggiungere qualcosa se dà una bella forma alla sostanza.

LA VOCE “SANTORIZZATA” SU LUCIGNOLO

Semmai, ciò che sorprende di più è la voce narrante delle inchieste. Pezzi giornalistici fatti sul campo, come vorrebbero le regole più tradizionali di questo mestiere, ma raccontati dallo stesso speaker di Lucignolo o da una voce sintonizzata/”santorizzata” sulla stessa tonalità. Un timbro quasi più riconoscibile e noto di un volto che per tutta l’estate ci ha illustrato come si divertiva Lele Mora, con chi andava in barca Simona Ventura, quanto si spendeva al Billionaire e via vivendo... “la bella vita”.

Certo, quella stessa voce era di Jack Folla. E inizialmente conduceva ben altro genere di trasmissione di denuncia, subito cassata. Solo in seguito, con Lucignolo, si sono trovate soluzioni meno “scomode” e astutamente in bilico tra gossip e contestazione.

Una scelta che, seppur in termini più impegnati, prosegue con Santoro. Perché i servizi di denuncia, oltre alla voce del gossip, hanno anche degli incisi - per così dire - rosa. All’improvviso, l’inchiesta sui cinesi salta dalle cantine di via Paolo Sarpi alla sibaritica residenza di Matteo Cambi.

La giovane mente di Guru dichiara onestamente e candidamente di produrre all’estero - ivi compresa la Cina - mostrando quanti miliardi delle vecchie lire ha guadagnato col suo business e come li ha spesi. E giù a sciorinare l’aereo personale sul quale si muove, un demoniaco marchingegno computerizzato col quale comanda tutti i servizi della casa (dall’impianto di allarme alla sauna), le opere d’arte, le 30 camicie bianche ordinate fra le altre per colore in una cabina armadio grande quanto un bilocale, ecc. ecc. Il tutto, prezzi compresi. Santo ragazzo! Non ti hanno detto che non è elegante dire i costi? O vuoi perseguire una strategia di comunicazione provocatoria che butti in faccia la ricchezza alla gente? Certo, pensando che da una recente inchiesta la maggior parte degli italiani vorrebbe essere Briatore (forse perché lo ritiene elegante), anche tu non hai tutti i torti.

Ma tant’è: l’intervista a Matteo Cambi dona al programma di Santoro - seppur con la logica inattaccabile del contrappasso per antitesi - un siparietto che può catturare anche l’audience dell’Italia in diretta e dei lettori di Chi. A quell’ora sicuramente attratti da ben altro genere di programma.

TUTTI I COLORI DI SANTORO

Insomma, anche Santoro scende a compromessi, patteggia con una certa cultura che secondo i vecchi canoni si potrebbe definire “berlusconiana”. Ma questa non è una critica, semmai una constatazione: la conferma di come e quanto certi integralismi di parte abbiano veramente fatto il loro tempo.

Del resto, anche Fausto Bertinotti, già dandy del sindacalismo, incalzato dalle domande di Rula Jebreal - altra brava e bella - non si scandalizza per l’indulto concesso pure ai responsabili delle morti bianche. E poi... in fin dei conti... siamo in un Paese che solo per un pizzico di voti è diviso tra Unione e Casa delle libertà.

Dunque, è perfettamente simmetrica a questo momento storico anche la scelta di due profili femminili antitetici: Beatrice bionda e Rula di colore. “La velina bianca e la velina nera”, hanno commentato subito le malelingue. BB e Afef, sarebbe forse meglio dire, dovendone fare solo una questione di estetica. Ma la notizia è che le due belle abbiano il cervello. A ulteriore dimostrazione che non tutta la trasversalità viene per nuocere.




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IL GIORNALE
16 settembre 2006


Milano si ribella alle bugie di Santoro
- di Giannino della Frattina -

Il generale dei carabinieri: «In tv episodi non verificati». Il prefetto Lombardi: «I numeri smentiscono l’allarme»
Come un gatto accarezzato contropelo. Milano si ribella (quasi) unanime alla fotografia o al fotomontaggio confezionato da Michele Santoro per il suo rientro alla Rai. Annozero la trasmissione, biondo cenere la nuova orribile tintura del conduttore cult della sinistra. Che, ritrovatosi davanti alle telecamere con i «compagni» comodamente seduti nelle stanze del Palazzo, si è trovato nella difficile condizione di dover mettere in cartellone un programma di lotta, ma anche di governo. E così esigenze di palinsesto (e quota Rai) lo costringono a trascurare le inchieste sui ministeri, spingendolo a occuparsi, guarda caso, di una città e di una Regione guidate dal centrodestra. «Da Santoro - tuona il vicesindaco Riccardo De Corato - c'era poco da aspettarsi. È uno dei giornalisti eletto nelle file del centrosinistra, ha chiuso la trasmissione con Bertinotti. Ho detto tutto». Ma poi aggiunge. «L'immagine che poteva dare dell'unica grande città governata dal centrodestra non poteva che essere questa. Ma ricordo che le case popolari che Santoro ha fatto vedere non sono state certo fatte dalla destra. Sarei sciocco a non ammettere che ci sono situazioni di disagio nelle periferie di Milano, ma è stata una trasmissione senza contraddittorio. Nessuno ha chiesto spiegazioni al sindaco Moratti, è stato un monologo di Santoro con altri suoi compari di cordata. Nessuno ci ha interpellati per rispondere alle accuse fatte alla nostra amministrazione. Se il contraddittorio lo fa Santoro con Bertinotti, possiamo chiudere la partita». Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil, l'associazione delle imprese edili, contesta le immagini del reportage che «non rappresentano quanto effettivamente avviene nei cantieri e nelle imprese che sono vincolate a controlli severi e a un forte vincolo deontologico che impone il rispetto di regole precise su sicurezza e lavoro». E aggiunge che «in Lombardia il tasso di irregolarità è compreso tra il 3,7 e il 3,9 per cento, contro il 27 per cento del Mezzogiorno». Critico anche Emilio Fede. «L'unica novità del nuovo programma è Beatrice Borromeo - stiletta il direttore del Tg4 -. Il resto è noia. Lui è troppo aggrovigliato nella politica e nel politichese. Si crede verbo e invece è verbosità». Bravo, nonostante la faziosità, il giudizio di Gad Lerner. «Annozero mi è piaciuto - assicura -. L'ho trovato un'evoluzione felice della sua televisione, anche perché si è colto lo sforzo di andare oltre il talk show tradizionale. Con tutta la sua faziosità e unilateralità, Santoro ha però confermato una straordinaria capacità narrativa». Una bocciatura senza appello arriva dal nuovo presidente della Vigilanza Rai: «Penso - le parole di Mario Landolfi - che il servizio pubblico non possa diventare una tribuna delle personali inquietudini di ciascun giornalista che lavora in Rai. Non esiste il suo microfono, ma il microfono dell'azienda che sta sotto il naso di Santoro. Così come sta sotto il naso di altri professionisti, giornalisti o dirigenti Rai. Vorrei che si smettesse di pensare a Santoro come a un'esibizione che periodicamente dobbiamo guardare. Santoro è un professionista interno alla Rai e come tale deve rispettare le regole aziendali».
La difesa, forse d'ufficio, spetta al direttore di Raidue. «Ho fatto i miei complimenti a Santoro - racconta Antonio Marano - perché al di là delle differenze di vedute non si può non riconoscergli l'onestà». E poi annuncia che la prossima puntata del programma di Santoro sarà dedicata a Napoli e ammette che magari «si aspettava un punto e mezzo in più di share». Per il ministro Paolo Gentiloni, si è invece trattato di «un buon inizio». «L'immagine di Milano, di Brescia e della Lombardia - la condanna del vicepresidente della Regione Viviana Beccalossi - hanno poco a che vedere con un territorio che, piaccia o no, è la vera forza economico-produttiva dell'intero Paese. Una regione, la Lombardia, campione di solidarietà che non può essere dipinta solo ed esclusivamente come terra di illegalità e di inefficienza».






Scarpis: «Ovunque ci sono casi di degrado»
- di Redazione -

«Non è mio costume occuparmi di polemiche, io mi occupo di sicurezza». Questo, inizialmente, il lapidario commento del questore Paolo Scarpis a chi gli chiedeva ieri mattina un commento sulle reazioni suscitate dal programma di Michele Santoro. Il questore di Milano, di fatto, è un personaggio molto schietto, ma di poche parole e che non ama esprimere pareri su fatti che non siano di sua strettissima competenza. «È evidente - ha aggiunto poi Scarpis, anche lui tra gli invitati alla cerimonia di avvicendamento al comando interregionale dell'Arma dei carabinieri “Pastrengo”, nella caserma Montebello - che in una grande metropoli vi siano situazioni di degrado, ma queste si possono trovare in qualunque grande città». Quindi Scarpis ha declinato qualsiasi altro invito a esprimere eventuali critiche sul programma televisivo. Alla prima puntata di Annozero hanno partecipato alcuni ragazzi residenti nel quartiere detto “White”, a Rogoredo, denunciando una situazione di degrado e di criminalità soprattutto di origine straniera. «La polizia viene sul posto ma non fa niente - hanno detto i giovani milanesi di Rogoredo -. Il problema più grande resta il nostro. Quando ci troviamo ad avere a che fare con gente che la scia le siringhe in giro. Qualche giorno fa una bambina, mentre giocava in un parchetto, ne ha trovata una e se la stava mettendo in bocca. La madre si è messa a urlare».






Siazzu: «Il nostro lavoro però non finisce in tv»
- di Redazione -

Anche il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Gianfrancesco Siazzu, è critico nei confronti della trasmissione di Michele Santoro Annozero andata in onda giovedì sera. E proprio per un servizio riguardante il degrado nel quartiere Rogoredo, teatro di episodi di violenza. «L'impegno dell'Arma mi conforta a fronte di una criminalità sempre attiva e incalzante. Certo, per contro, non ci confortano certe trasmissioni televisive - ha dichiarato Siazzu -. Programmi che rappresentano episodi di disordine, con informazioni da verificare, molto diverse dalle azioni compiute in silenzio ogni giorno dai nostri carabinieri: episodi di grande solidarietà che però non fanno notizia». Siazzu è intervenuto durante la cerimonia di avvicendamento nell'incarico di comandante interregionale carabinieri Pastrengo avvenuta ieri mattina alla caserma Montebello di via Vincenzo Monti, a Milano, e che ha visto il generale Giorgio Piccirillo subentrare al generale Antonio Girone, comandante della Regione e che era stato investito di quel ruolo perché momentaneamente vacante. «Assumo la carica con orgoglio e interesse - ha detto Piccirillo - perché arrivare a Milano rappresenta per un carabiniere il completamento della carriera». Sulle operazioni da intraprendere il neocomandante ha detto di voler «migliorare alcuni aspetti operativi e organizzativi».






Lombardi: «I numeri smentiscono l’allarme»
- di Redazione -

La Milano secondo Santoro è quella che «balbetta» sulla sicurezza. «Balbettio» già vagheggiato dai ds Carmela Rozza e Aldo Ugliano nell'aula di Palazzo Marino all'indomani di alcuni casi di violenza. Ma quella Milano incapace, secondo il leitmotiv santoriano, di affrontare la questione sicurezza non esiste. Basta rileggersi i virgoletti del prefetto Gian Valerio Lombardi per rendersene conto: «Si parla di emergenza quando c'è sistematicità e questo non è il caso di Milano». Come dire: il dato statistico è altra cosa rispetto alla percezione dell'insicurezza. Percezione che fa a pugni con «lo sforzo considerevole messo in atto: da alcuni giorni ci sono centocinquanta agenti in più occupati in servizio». Servizio di controllo necessario per dare più sicurezza. Impegno che paga, come dimostra la lettura del mattinale della questura e le cronache locali che, Santoro, ha ignorato. Microcriminalità mischiata a qualche caso di violenza anche presunto: «I dati sulle violenze sessuali sono quelli dell'anno scorso, di due anni fa. Le vere aggressioni sessuali sono soltanto il 12 per cento. Per l'amor di Dio, non c'è da stare allegri per questo», commentava Lombardi alla notizia di un finto caso di stupro, denunciato da una donna romena poi smascherata e alla molestia subita da una cinquantenne. L'egiziano che l'avrebbe molestata è stato «comunque arrestato».







Il cronista rimasto al Far West metropolitano
- di Luca Doninelli -

Il vecchio giornalista Michele Santoro - vecchio non solo per età ma anche perché rappresentante di un giornalismo vecchio che piace alla gente vecchia - lancia i suoi strali su Milano, e non è la prima volta. Milano città violenta, Milano città della nuova mafia. Conosciamo bene il suo pensiero, che non è molto elaborato ed è sempre lo stesso. Conosciamo bene anche questo modo di trattare le cose e le persone. Santoro ha i suoi obiettivi, i suoi nemici. Sicuramente l'attuale giunta cittadina non è in cima alla lista delle sue simpatie. Conosciamo bene, inoltre, questo modo di guardare alle città, stile vecchio cronista di nera, con la città della luce (modaiola, berluscona, danarosa) che, di riciclo in riciclo, di pappa in ciccia, finisce per confondersi con la città delle tenebre, fatta di assassinii, stupri, insicurezza, di ricconi arroganti e di tanta gente indifesa alla mercé della delinquenza.
Soprattutto, conosciamo bene la strategia della paura. Non andate a Milano! A Milano si ammazza, a Milano si muore!
Tutti sappiamo che, se dessimo retta alla paura, non faremmo che dare ancora più forza ai prepotenti e ai criminali. Tutti sappiamo che il coraggio è la condizione di ogni virtù morale e civile.
Invece, c'è uno stile d'informazione che ci vuole pavidi. Lamentosi, rivendicativi, ma paurosi e anche, se permettete, un po' striscianti.
L'insistenza sulle tenebre di Milano ha un solo scopo reale. Che non è quello di documentare la realtà, ma solo quello di mettere in discussione la luce di Milano.
Milano, per Santoro, ha una brutta tenebra perché è brutta la sua luce. Per dire questo, non gl'importa un fico secco di guardare quello che si sta facendo, né si fa scrupolo di alimentare la paura. All'attuale governo - cui Santoro è funzionale - interessa emarginare Milano, tenerla al massimo dentro la stalla come una mucca da mungere. Ma guai a diffondere un'immagine positiva di questa città.
Il vecchio cronista che alberga nel cuore di questo altrettanto vecchio leone del giornalismo italiano vede Milano come una specie di Far West dalle periferie governate dalla malavita. Ma le cose non stanno affatto così.
Io non dico che si debba giudicare in modo necessariamente positivo l'enorme sforzo, spesso contraddittorio, che Milano sta compiendo per rinnovarsi: un rinnovamento di proporzioni ben maggiori rispetto al belletto torinese o genovese. Ho scritto un libro su Milano e non sono stato tenero con questa città, come non lo sarei adesso se dovessi riscriverlo.
Ma negare questo sforzo, negare il movimento della città verso un nuovo volto di sé, o sostenere (come fanno in tanti, soprattutto a sinistra) che Milano è la stessa di vent'anni fa, solo più grigia e più vecchia, questa è solo disinformazione.
Certo che a Milano si muore. Come a Brescia, come a Parma, come a Napoli. Tutti sappiamo, però, che sono i mezzi d'informazione a rimpicciolire o ingigantire i cadaveri.
Quello che dispiace a molti è che Milano non si sia omologata, che abbia scelto una giunta di centro-destra, che sia rimasta dalla parte dei cattivi, se non addirittura del Cattivo, mentre altrove i buoni trionfano (si fa per dire). Secondo me, quando parliamo di Italietta è esattamente di questo che parliamo. Di un Paese che non si sa guardare e non si sa raccontare se non nei termini della solita contrapposizione, ignorando tutto il mutamento sociale e urbano in corso - anche e soprattutto a Milano -. Un mutamento che non è uno spazio da occupare o da gestire, e non è nemmeno l'esito del calcolo di qualche potente senza scrupoli (e iscritto nei ranghi del nemico) ma la somma degli sforzi di tanta gente in cerca di una vita migliore.

INES TABUSSO