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IL SOLE 24 ORE
12 febbraio 2006
INTERVISTA A GIANFRANCO TATOZZI - ALLARME CORRUZIONE NEGLI ENTI LOCALI
MARCO ROGARI - ROBERTO TURNO

www.corteconti.it/Rassegna-S/febbraio2006/13022006/036.tif


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cfr.
L'UNITA'
12 Ottobre 2004
Tatozzi e Silvio
DI MARCO TRAVAGLIO

Già il fatto che nasca, presso la Presidenza del Consiglio, un Alto
Commissariato Anticorruzione, è una notizia che mette di buonumore. L'unico
premier al mondo imputato per corruzione giudiziaria si autoincarica per
legge di combattere la corruzione (altrui, si presume). Vengono in mente le
battute di Benigni su Dracula presidente dell'Avis o sul mostro di Firenze
primario di ginecologia. Ma questa non è una battuta. È una legge dello
Stato, la n.3 del 16.1.2003, "Disposizioni in materia di Pubbliche
amministrazioni", che all¹art.1 recita: «È istituito l'Alto Commissario per
la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di
illecito nella pubblica amministrazione, alla diretta dipendenza funzionale
del Presidente del Consiglio dei ministri». Come dire: Billy the Kid
sceriffo al posto di Pat Garrett. L'idea di creare un'Authority
anticorruzione era stata, nella scorsa legislatura, del centrosinistra, che
poi naturalmente non l'aveva convertita in legge. Ora la legge c'è. E, da
dieci giorni, c'è pure l¹Alto Commissario in carne e ossa. È Gianfranco
Tatozzi, 64 anni, magistrato abruzzese di nascita e romano di adozione,
esponente della corrente "centrista" di Unicost, già membro del Csm (dove si
segnalò soprattutto per il voto contro Giovanni Falcone all'Ufficio
istruzione di Palermo), fino all'altro giorno capo del dipartimento Affari
di Giustizia del ministero di Via Arenula retto dall'ingegner Castelli. Ma
soprattutto, secondo i bene informati, vicinissimo a Cesare Previti, di cui
sarebbe amico e frequentatore da lunga data. Forte di queste credenziali,
oltre a un lungo cursus honorum al ministero prima sotto Alfredo Biondi e
Filippo Mancuso (come capogabinetto nel 1994-1995), poi chez Castelli (dal
2001), Tatozzi ha sbaragliato concorrenti a prima vista più titolati a
occuparsi di corruzione: l¹ex procuratore di Napoli Agostino Cordova, il
procuratore di Asti Sebastiano Sorbello e Salvatore Sfrecola, leader
dell¹Associazione magistrati della Corte dei conti ma soprattutto
capogabinetto del vicepremier Gianfranco Fini. Nessuna toga rossa, anzi.
Cordova, ultimamente, è difeso a spada tratta dal centrodestra contro il Csm
che l'ha trasferito da Napoli, come se non fosse l'autore della celebre
inchiesta sulla massoneria deviata. Sorbello, oltre ad aver indagato a
Torino sulle tangenti rosse, è il consulente della commissione Telekom
Serbia che ha scritto per Trantino & C. la relazione finale contro Prodi,
Fassino e Dini. Quanto a Sfrecola, oltre alla vicinanza con Fini, era pure
sponsorizzato da Gianni Letta, preoccupato dalle prevedibili polemiche sulla
nomina a sceriffo anticorruzione di un amico di Previti (condannato in
tribunale, Previti, a 16 anni per corruzione). Ma Cordova e Sorbello sono
due "cavalli pazzi", incontrollabili, iperattivi fino ad attirarsi l'accusa
di "bulimia investigativa". Pericolosissimi. Sfrecola, provenendo dalla
Corte dei Conti, minacciava di conoscere fin troppo bene i conti su appalti
e sperperi pubblici. E poi Berlusconi non ha sentito ragioni: «Quel posto
l'ho promesso e il premier sono io». Così prima Fini, poi Letta han dovuto
abbozzare (Letta, in cambio, ha ottenuto la promozione della sua amica
giudice Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, al posto di Tatozzi). Quando
il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare: e Previti, a differenza
degli altri, è un duro. Il vero ministro della Giustizia, per le cose che
contano, è lui. E Tatozzi è una garanzia: ai tempi di Biondi, non fece una
piega quando il ministro varò il decreto salvaladri, poi bocciato per
manifesta incostituzionalità dalla stessa maggioranza. E non mosse un
sopracciglio quando, nell'ottobre-novembre ¹94, gli passarono sotto il naso
l'incredibile ispezione contro il pool di Milano in piena inchiesta
Fininvest, e soprattutto i dossier dell'assicuratore Giancarlo Gorrini
contro Antonio Di Pietro, inoltrati in via Arenula grazie ai buoni uffici di
Previti e Paolo Berlusconi per provocare l'inchiesta ispettiva top secret
che portò il pm di Mani Pulite alle dimissioni. Né, in questi tre anni di
devastazione dello Stato di diritto e della Costituzione a suon di leggi ad
personam, Tatozzi risulta aver fatto sentire la sua voce. Il silenzio, in
certi casi, è d'oro.
La sua nomina in Consiglio dei ministri è passata alla chetichella, fra il
lusco e il brusco, senz'alcuna discussione (si parlava di legge finanziaria,
e la faccenda non era neppure all'ordine del giorno), alle 23.30 del 29
settembre, mentre Berlusconi festeggiava il suo 68° compleanno e gl'italiani
la liberazione delle due Simona. I poteri dell'Alto Commissario sono
imponenti: il comunicato di Palazzo Chigi parla di "sorveglianza e
monitoraggio (indagini conoscitive,elaborazione e analisi dei dati,
controllo su procedure contrattuali di spesa e su comportamenti conseguenti)
dell'attività amministrativa della Pubblica amministrazione". Poteri che,
nelle mani giuste, consentirebbero davvero di incidere sulla piaga della
corruzione. In mani sbagliate, potrebbero diventare un cavallo di Troia per
le interferenze politiche nelle indagini giudiziarie. L'Alto Commissario,
infatti, ha libero accesso a tutti i documenti che ritenga utili alle
proprie indagini, eccetto quelli coperti dal segreto di Stato. Sui processi
di Milano, per esempio, può chiedere ciò che vuole. Su Villa La Certosa, per
dire, nulla.

INES TABUSSO