00 04/01/2006 19:46
04/01/2006
L'UNITA'
PIANGE IL TELEFONO
MARCO TRAVAGLIO

www.senato.it/notizie/RassUffStampa/060104/9iyzt.tif


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CORRIERE DELLA SERA
4 gennaio 2006
LE INDAGINI
«Non c’è tempo. E su questo la destra è inaffidabile»
Noi pensiamo che le intercettazioni siano utili alle indagini

ROMA - «Non ci sono i tempi e su questi temi la destra è inaffidabile». Massimo Brutti, responsabile giustizia dei ds, respinge la proposta del presidente del Senato, Marcello Pera, per «soluzioni condivise» sul tema delle intercettazioni telefoniche.

vedi:
www.senato.it/notizie/21462/80733/80734/80735/80736/gennotizi...

È un «no» senza possibilità di appello?
«Certo. Lo abbiamo già detto quando Silvio Berlusconi presentò la sua proposta che limitava la possibilità di utilizzare le intercettazioni come strumento di indagine. Noi non siamo d’accordo perchè siamo convinti che siano invece assai utili».
Anche ora che il segretario ds Piero Fassino è sulla brace?
«Cosa c’entra? Su questa vicenda noi abbiamo denunciato un’illegalità: intercettazioni del tutto irrilevanti e non utili alle indagini penali e dell’accertamento della verità, sono state illecitamente trascritte e fatte arrivare a il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi».
Illecitamente perché riguardano Fassino?
«No. C’è una garanzia che vale per tutti i cittadini. Le parole pronunciate in un colloquio telefonico intercettato, se non servono al lavoro dei magistrati e ad accertare le responsabilità penali, non possono e non devono essere divulgate. Per questo la magistratura milanese non aveva allegato questa intercettazione ai provvedimenti cautelari emessi nei mesi scorsi. Se ci troviamo stampati pezzi di quell’intercettazione vuol dire che ci sono pubblici ufficiali che sono venuti meno ai loro doveri istituzionali. Tant’è che la magistratura ha aperto un procedimento penale. Chiediamo che i pubblici ufficiali infedeli vengano individuati».
Perché non lo avete mai chiesto quando le intercettazioni riguardavano altri partiti?
«Nel caso delle intercettazioni pubblicate dal Corriere della Sera e da Repubblica non c’è stata, a parte qualche errore come l’sms di Anna Falchi, alcuna attività illecita. Infatti i giornalisti non sono sotto processo. Qui è diverso. Sono state violate le regole. Si estraggono frasi dal loro contesto. Si manipola il loro significato tentando di montare una miserevole e infondata speculazione politica contro i ds».
Pensa Pera contasse sul fatto che i ds sono in questo momento in una posizione di difficoltà?
«Non lo so. Ma per noi non è cambiato nulla. Rispetto i suoi giudizi, ma non li condivido in più punti».
Ad esempio?
«La valutazione di fondo sulle intercettazioni. Dice che sono troppe. Ma il problema non è il numero. E’ assicurare che ad esse si ricorra quando è necessario e garantire che non vengano divulgati colloqui non rilevanti ai fini penali. Anzi che rimangano riservati e distrutti al più presto. ».
In che modo vorreste garantire ciò?
«Il senatore Calvi presentò a suo tempo un ddl in cui si prevedeva un meccanismo per stralciare i colloqui irrilevanti, sbarrare la strada a qualsiasi divulgazione e distruggere non appena possibile i relativi testi».
Da quale di questi punti accettereste di ripartire per una discussione?
«In due settimane e mezzo è impossibile trovare soluzioni ragionevoli. Soprattutto con loro che sono quelli della Cirami, della Cirielli, del Lodo Schifani e della legge sull’inappellabilità delle sentenze. Un provvedimento devastante per i giudizi davanti alla Corte di Cassazione, che diventeranno giudizi di merito, si moltiplicheranno e si allungheranno. Non ci hanno lasciato il tempo per discuterla. Lo vogliono condurre in porto a tutti i costi l’11 gennaio non si capisce per quale motivo».
Non temete la campagna elettorale a base di intercettazioni telefoniche paventata da Pera?
«E’ possibile che i veleni contro i ds non si fermino qui, ma il fatto è che non abbiamo nulla da temere o da nascondere. Siamo pronti a respingere questo genere di attacchi e saremo in grado di parlare al Paese dei problemi veri che riguardano la vita degli italiani, sui quali deve svolgersi la campagna elettorale».

Massimo Brutti
Virginia Piccolillo


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IL MESSAGGERO
4 Gennaio 2006
I “BERSAGLI”
1.500.000
Secondo un’indagine di via Arenula sono le telefonate sottoposte ogni anno a registrazione

ROMA - Ogni anno vengono ascoltate per ragioni di giustizia circa un milione e cinquecentomila persone. Per un costo previsto nel 2005 di 302 milioni di euro. La stima è stata fatta dal ministro Guardasigilli Roberto Castelli lo scorso settembre in una relazione al Consiglio dei ministri. A questa cifra si arriva considerando che ogni campagna di intercettazione può durare 45 giorni e, calcolando nel corso di un mese che il soggetto parli con una cinquantina di persone diverse.
Stando allo studio del ministero della giustizia sono circa centomila ogni anno i «bersagli» delle intercettazioni telefoniche. Un dato stabile dopo il 'boom' registrato tra il 2001 e il 2004, quando le intercettazioni sono passate da 32 mila a quasi 93 mila. Ma le persone intercettate sarebbero 33 mila in un anno, un terzo circa del totale, perché come ha spiegato lo stesso ministro ogni intercettato può utilizzare più di una utenza. Il ministro già all'apertura dell'anno giudiziario 2005 aveva parlato di «esplosione non sopportabile della spesa per le intercettazioni». Castelli ha rivendicato di essere intervenuto per contenere i costi, poiché negli ultimi quattro anni la spesa per le intercettazioni è cresciuta enormemente. Le cifre: nel 2001, con 32 mila bersagli, la spesa è stata 165 milioni di euro; nel 2002 di 230 milioni per 45 mila bersagli; nel 2003, 256 milioni per 77.615 bersagli; nel 2004, 263 milioni per 92.781 bersagli. Per il 2005 si parla di 106 mila bersagli e 302 milioni. Per ridurre i costi Castelli ha varato una serie di misure. Una singola intercettazione che costava sugli 80 euro al giorno, anche grazie all'uso di apparati più moderni e all'adozione di un tariffario per tutte le procure, ora costa invece 23 euro.
Ma il giro di vite annunciato dal governo con il disegno di legge approvato lo scorso 9 settembre, salvo colpi di scena, in questa legislatura non ci sarà. Dopo le polemiche estive per la pubblicazione di intercettazioni sui giornali, il Consiglio dei ministri varò un testo con nuove misure, tra cui multe più alte per testate (fino a 1 milione e mezzo di euro) e giornalisti (fino a 750 euro) che pubblicano le intercettazioni vietate e limiti più rigorosi per i magistrati che le dispongono. Assegnato alla commissione giustizia del Senato il 7 ottobre, il provvedimento (14 articoli) non è stato mai esaminato a Palazzo Madama. Tra le norme del ddl l’estensione del divieto di pubblicazione su tutti gli atti, anche non segreti, fino al termine dell’udienza preliminare, l'obbligo di astenersi per i magistrati che abbiano fatto pubbliche dichiarazioni sulle proprie indagini. Per i pubblici ufficiali che divulgano intercettazioni carcere da 1 a 4 anni (oggi da 6 mesi a 3 anni). S.G.

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INES TABUSSO