00 31/05/2007 13:06
Riceviamo da una frequentatrice gallurese del blog e pubblichiamo volentieri. Comunque può tranquillizzarsi un pochino: le nostre "mele marce" non sono razziste, basta vedere come hanno trattato Titti Pinna (sardo) o come, in un passato non molto lontano, hanno trattato Farouk Khassam (di origine araba). Non fanno differenze. Nè di origine, nè di religione. Sono sempre comportamenti da delinquenti. E come tali vanno trattati.

Gruppo d’Intervento Giuridico


Mi rivolgo a voi in quanto vi seguo da tempo e vedo che trattate con obiettività temi anche molto controversi, pur senza rinunciare a dire la vostra come è giusto che sia. Vi segnalo un fatto a mio giudizio molto grave. Un omicidio a danno di un immigrato colpevole di voler lavorare e di lavorare duro. Per me la cosa è ancora più grave perché accaduta nella nostra Isola, terra di emigranti che si sono dovuti spaccare la schiena in mezzo mondo per trovare il loro futuro. Spero che mi ascoltiate e diate risalto a un fatto di sangue che non fa onore a noi Sardi ma che è bene che conosciamo. Grazie.






da La Nuova Sardegna

Quel rumeno lavorava troppo «Ucciso dai colleghi sardi». Arrestati tre uomini del paese. Uno è fratello dell’indagato per l’assassinio del forestale.

Lui dormiva, ma quando quei tre hanno bussato ha aperto la porta senza esitare. Danut Milea si fidava dei colleghi appena conosciuti. Non immaginava che erano lì per fargliela pagare, per punire l’invasore arrivato dall’Est. Sono di Padru i presunti assassini dello stalliere rumeno, ucciso il 22 aprile scorso. Danut aveva una sola colpa: la grande voglia di lavorare. C’è una famiglia in cella, per il delitto commesso nell’agriturismo “Il cavallino”, in località Boltei, a pochi chilometri dal paese. Gavino Pau, 25 anni, lo zio Sergio Pau, 45, e Renzo Becconi, 32, sono stati arrestati su richiesta del pubblico ministero Paolo Piras e del procuratore capo Giuseppe Porqueddu: l’accusa è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, sequestro di persona e violenza privata. Nel carcere sassarese di San Sebastiano, per detenzione illegale di armi, è finito anche Filippo Pau, 76 anni, padre di Sergio e nonno di Gavino. Nel suo ovile sono stati ritrovati una pistola e due fucili, tutti con matricola abrasa e calibro compatibile con l’arma che ha sparato. Nipote di Filippo e fratello di Gavino è Marco Pau, il manovale di 26 anni arrestato per l’omicidio di Paolino Serra, l’ex forestale ucciso a fucilate nella borgata di Sa Serra il 12 febbraio scorso: agli inquirenti disse di avere sparato perché era stanco di essere spiato. C’è anche un altro legame di parentela: Renzo Becconi è il genero di Mario Nieddu, il titolare dell’agriturismo, la persona che aveva chiamato Danut Milea a lavorare nella sua azienda. Nieddu era rimasto ben impressionato dal rumeno, conosciuto appena qualche giorno prima dell’omicidio. 38 anni, sposato, due bambini di 3 e 6 anni, aveva lasciato il suo paese perché aveva un disperato bisogno di soldi. Erano bastati due giorni di prova per convincere Mario Nieddu che quel giovane dall’aria timida con gli animali ci sapeva fare. Per questo gli aveva offerto un posto come stalliere. C’era un progetto, in cantiere: organizzare escursioni a cavallo nella tenuta di Boltei e in un’altra che il titolare dell’agriturismo possiede a Monti Nieddu. Sabato 22, il giorno dell’omicidio, i documenti per l’assunzione erano già sul tavolo di un commercialista: Danut avrebbe guadagnato 600 euro al mese, più vitto e alloggio. Quello che lui probabilmente considerava un ottimo compenso, per alcuni colleghi di Padru era invece una miseria. Forse è stato questo a provocare la follia omicida, insieme alla disponibilità di Danut Milea, pronto a ubbidire gli ordini, a scattare come una molla non appena Mario Nieddu lo chiamava. Gli assassini avevano paura di perdere, per colpa del nuovo arrivato, l’impiego in azienda. Un movente ancora più assurdo se si considera che i tre presunti killer lavoravano saltuariamente nell’agriturismo. Il più assiduo era Gavino Pau, una specie di factotum, che però presto sarebbe stato assunto come operatore ecologico dal Comune. Gli altri due, Sergio Pau e Renzo Becconi, avevano invece un altro lavoro: nell’azienda di Nieddu facevano solo extra, evidentemente ben pagati. Denaro in più a fine mese al quale non erano disposti a rinunciare. Danut Milea è comparso nell’agriturismo sabato 14 aprile, una settimana prima del delitto. L’aveva accompagnato lì il cugino Lorenzo, 26 anni, rumeno anche lui, da sei mesi badante di un anziano a Padru. Lorenzo era stato il contatto tra Danut e Mario Nieddu, che si era rivolto a lui dicendogli che cercava uno stalliere. Pare che i Pau e Becconi l’abbiano guardato storto sin dall’inizio. Un’insofferenza cresciuta a poco a poco, esplosa quando il giovane si è trasferito a Boltei, nella casupola messa a disposizione dal titolare. Sabato notte sono andati a prenderlo. L’hanno portato via in pigiama, legato mani e piedi. Non si sa ancora dove sia avvenuta l’esecuzione: due colpi di pistola, prima alla schiena, poi quello mortale alla tempia. Il cadavere è stato abbandonato in località L’Agru, sei chilometri dall’agriturismo. A trovare il corpo di Danut Milea è stato l’allevatore Paolino Ventroni, che domenica mattina era andato in campagna per accudire le bestie. La sua telefonata alle forze dell’ordine si è incrociata con quella di Mario Nieddu, che non trovando lo stalliere a Boltei aveva dato l’allarme. La pista del regolamento di conti tra rumeni è stata accantonata quasi subito. L’ombra del caporalato, di un’organizzazione dedita allo sfruttamento dei lavoratori dell’Est, si è dissolta sotto il peso delle intercettazioni ambientali, che inchioderebbero i padresi di fronte alle loro responsabilità. Chiacchiere in libertà, nelle quali gli indigeni si confidano tra loro e dicono che non si può aspettare: lo straniero invasore va eliminato.


Più di cento i giovani dell’Est.
Da Bucarest al piccolo centro gallurese un flusso costante.

L’aveva detto, il sindaco Gavino Mandras: «I rumeni stanno diventando troppi. Non c’è lavoro per tutti, questo non è l’Eldorado. Bisogna stare attenti: la situazione potrebbe degenerare». Mai, però, il sindaco avrebbe pensato che i killer di Danut Milea potessero portare cognomi padresi: «Qui la gente è ospitale - aveva commentato il giorno dopo il delitto -, i forestieri sono accolti con gentilezza e rispetto, si aprono le porte, si stringono rapporti di amicizia. A volte si arriva anche al matrimonio: negli ultimi mesi, sono stati un paio quelli tra padresi e rumene». Facile che possa succedere, in un paese di 2109 abitanti dove almeno un centinaio arrivano dall’Est. Il 5 per cento della popolazione parla rumeno: un numero cresciuto dal 1º gennaio 2007, quando l’ingresso nell’Unione Europea ha spezzato le catene e dato il via libera all’arrivo ufficiale degli stranieri. I rumeni non più clandestini trovano lavoro nelle campagne, negli agriturismo, nelle imprese della vicina Olbia. Molte donne si riciclano come badanti di anziani: guadagnano circa 600 euro al mese. I soldi bastano per pagare l’affitto a Padru e nelle nove frazioni, e avanza anche un piccolo malloppo da spedire a casa. Sinora, il microcosmo dell’Est era stato ben tollerato. Mai un episodio di violenza, neppure un segnale di fastidio nei confronti dei nuovi arrivati. La vicenda di Danut Milea spalanca scenari inesplorati. Se le accuse mosse nei confronti degli arrestati saranno confermate, allora la prospettiva dovrà cambiare radicalmente. Il giorno dopo il delitto, il paese aveva già archiviato la storia come un regolamento di conti tra stranieri, nell’ottica di una guerra tra poveri che in Gallura cercano di restare a galla. Tutti, sindaco compreso, presero le distanze da un’altra ipotesi: che Danut Milea, arrivato appena da una settimana, potesse avere dato fastidio a qualcuno del posto. Gavino Mandras ha sollecitato alle autorità un censimento, per stabilire con certezza quanti rumeni vivono a Padru, che cosa fanno esattamente, da quale serbatoio economico attingono. Intanto, all’interno della comunità dell’Est, la paura sale. La sensazione di non essere del tutto graditi si legge negli occhi di Lorenzo, il cugino di Danut. Lui, che a Padru abita e lavora da sei mesi, subito dopo il delitto ha confessato il disagio, la voglia di scappare, di fare le valigie e tornare a casa. Prendendo le distanze dal paese in passato famoso per le bombe e che vanta il record degli omicidi in Gallura (due dall’inizio dell’anno). Un piccolo paese che oggi si scopre anche intollerante