nuove proposte per il federalismo fiscale

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DarkWalker
00mercoledì 27 giugno 2007 12:34

CONSIGLIO REGIONALE
Approvata dalla maggioranza la proposta avanzata dalla Lega Nord. Astenute le forze dell'Ulivo
FEDERALISMO FISCALE, LA SPALLATA LOMBARDA
Il documento, che prevede di trattenere l'80% dell'Iva e il 15% dell'Irpef, verrà inviato al Parlamento

La Lombardia schiaccia l’acceleratore sul federalismo fiscale, inviando a Parlamento e Governo un segnale forte per darsi da fare e attuare al più presto l’articolo 119 della Costituzione. Martedì 19 giugno il Consiglio regionale ha approvato la proposta di legge al Parlamento avanzata dalla Lega Nord per poter trattenere in Lombardia più risorse economiche in modo da rendere concreta una maggiore autonomia amministrativa. Hanno votato a favore Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, mentre Ds, Margherita, Verdi e Unione si sono astenuti, per dare un segnale di condivisione sul tema, anche se non concordano nel merito. Contrari, invece, Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani. Il documento, che adesso verrà inviata ai due rami del Parlamento, prevede di trattenere l’80% dell’Iva, il 15% dell’Irpef statale e l’intero gettito delle accise sulla benzina, dell’imposta sui tabacchi e quella sui giochi. Risorse aggiuntive stimabili, per quanto riguarda solo Iva e Irpef, in quasi 15 miliardi di euro. E’ previsto inoltre che gli Enti locali possano tassare autonomamente i redditi fondiari e la revisione dell’impostazione del fondo di solidarietà nazionale, mentre un’altra novità riguarda il versamento dei tributi regionali la cui erogazione dovrebbe avvenire direttamente in capo alle Regioni competenti. Previsto anche un sistema che andrà a premiare le Regioni più virtuose, mentre per quelle che non lo saranno sono definite norme sanzionatorie. Quarantuno gli emendamenti presentati, di cui nove sono stati accolti. I sette presentati da Ds e Margherita prevedono l’istituzione di una «Cabina di regia» composta da Governo, Conferenza delle Regioni e delle Autonomie locali, il rispetto dei limiti imposti dai vincoli comunitari e da trattati e accordi internazionali, la possibilità per Comuni, Province e Città metropolitane di istituire tributi locali, introdurre variazioni alle aliquote e agevolazioni. L’emendamento presentato dalla Commissione Bilancio assegna alle Regioni il gettito dell’imposta che i residenti pagano in qualità di iscritti a fondi pensione complementare su base regionale, mentre l’altro, avanzato dalla Lega Nord, stabilisce che i bilanci di Stato, Regioni ed Enti locali, per un periodo non superiore ai cinque anni, possano eventualmente prevedere oneri aggiuntivi per esigenze legate alla perequazione. Durante il dibattito in aula è intervenuto l’assessore regionale al Bilancio Romano Colozzi (nella foto a sinistra), in prima linea nel confronto con il Governo e le altre Regioni su questo tema. «Non sono le “Tavole della legge”, ma si tratta di un contributo e uno stimolo per passare dalle parole ai fatti. Condivido i principi, anche se nel merito siamo di fronte a un dibattito aperto, quindi non bisogna fermarsi alle singole frasi, ma ai capisaldi della proposta. Se il federalismo fiscale non lo spingiamo noi, non va avanti». Prima della votazione finale, è stato approvato un ordine del giorno del centrosinistra che richiama l'intesa interistituzionale sottoscritta dalla Regione con l'Associazione dei Comuni, l'Unione delle Province e delle Comunità montane. Il governatore Roberto Formigoni, la cui assenza durante la discussione in aula ha fatto storcere il naso a tutta l'opposizione, ha così commentato il risultato: «La Lombardia dà un altro colpo di acceleratore verso il federalismo: Governo e Parlamento battano un colpo e diano finalmente l'avvio all'attuazione del Titolo V della Costituzione».




L’ULIVO
Il capogruppo dei Ds ha spiegato la loro posizione
«NON CI CONVINCE, MA NON POSSIAMO VOTARE CONTRO»

«La proposta non ci convince ma non possiamo votare contro. La Lombardia vuole mandare un segnale: ritiene che il tempo sia scaduto e dunque devono essere avviate le procedure che portano all’attuazione del federalismo fiscale. Ci asteniamo per non dare l’impressione di una Lombardia spaccata». Così Giuseppe Benigni, capogruppo dei Ds ha spiegato la posizione del centrosinistra. Ma allo stesso tempo ha evidenziato alcune difficoltà: «La proposta di legge rischia di essere una perdita di tempo, uno strumento inefficace per sostenere la battaglia e che non garantirebbe alcun risultato concreto alle famiglie lombarde, ponendo la Lombardia in disaccordo con le altre Regioni. Inoltre non si tiene in adeguato conto il tema dell’autonomia finanziaria di Province e Comuni». Quest’ultimo punto è stato sottolineato anche da Luca Gaffuri della Margherita: «Mi dispiace vedere che il provvedimento va nella direzione di un centralismo regionale non riconoscendo come si deve il ruolo degli enti locali. E parlo delle Province, dei Comuni e soprattutto delle Comunità montane che quasi spariscono dalla legge». Più critico il suo collega Battista Bonfanti, che ha rimarcato come «i gruppi dell’opposizione sono stati trascurati, chiedendo solo un sì o un no. Inoltre - ha aggiunto - è abbastanza presuntuoso avanzare una proposta al Parlamento senza coinvolgere altre Regioni, quasi volessimo creare qualche cosa che sia solo nostra. Anche l’assenza del presidente Formigoni a questo dibattito non credo sia casuale. È un federalismo “a fari spenti”: un’azione di propaganda, pur legittima, della Lega Nord».Dal centrosinistra è stata sollevata anche la colpa del Governo Berlusconi di non aver concluso niente in cinque anni sul versante del federalismo. Infatti, per il capogruppo dei Verdi, Carlo Monguzzi, «con questa proposta di legge al Parlamento il Consiglio regionale della Lombardia affida al governo di centrosinistra quello che il governo di centrodestra, nel quale era presente la Lega, in cinque anni non è riuscito a fare». I Verdi hanno espresso disponibilità al confronto, ma hanno ribadito che, come ha spiegato Marcello Saponaro, «occorre costruire alleanze unitarie anche a livello nazionale».


UN NO SECCO E DECISO ALLA PROPOSTA LEGHISTA«A QUESTO GIOCO NOI NON CI PRESTIAMO»

Un no secco e deciso, senza ma e senza se, è arrivato da Rifondazione comunista e dai Comunisti italiani. «Siamo di fronte all’intenzione di separare la Lombardia dal resto del Paese - ha dichiarato Mario Agostinelli, capogruppo di Rifondazione - e a questo gioco noi non ci prestiamo». Soprattutto, ha spiegato Agostinelli, considerato che a Roma si sta discutendo di un documento simile attraverso un confronto tra Governo e Regioni. «Il documento qui in discussione non consente il mantenimento di diritti fondamentali e non garantisce i livelli essenziali di assistenza» ha proseguito, ammettendo, infine, il rammarico e la perplessità per la scelta degli altri partiti di opposizione.
DarkWalker
00mercoledì 27 giugno 2007 12:52
verso l'archiviazione... [SM=x751559]

Roma - È scomparsa persino la parola federalismo. In più mancano ancora i numeri, i principi sono contraddittori, è difficile capire quali funzioni saranno trasferite, quanti soldi passeranno dallo Stato alle autonomie, su quali leve fiscali potranno contare le Regioni. E così il disegno di legge sul federalismo fiscale non solo non ha avuto neppure un primo via libera in Consiglio dei ministri, ma ha persino cambiato nome: «riforma in senso federale della finanza di Regioni ed enti locali» (la richiesta è arrivata da Parisi). Nonostante l’appello del capo dello Stato e il pressing del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, alla fine la pratica è stata rinviata a giovedì prossimo. «O l’approviamo subito o in questa legislatura non facciamo più in tempo», ha ripetuto più volte Padoa-Schioppa durante le riunioni tecniche. E tutti sanno che un Dpef che non tenga conto del federalismo fiscale, significa un rinvio a data da destinarsi. La delusione è grande e le critiche al governo arrivano da ogni direzione: Regioni, Comuni e Province. Boccia apertamente il provvedimento l’Anci, sono molto perplesse le Province. Anche perché l’intenzione è di non licenziare un documento definito ma di dare un via libera di massima a «un testo aperto» da mandare in Parlamento.
Va all’attacco il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, che si è speso per trovare un accordo tra tutte le Regioni italiane: «Quello del governo è un inganno: finge di voler approvare un documento sul federalismo fiscale ma lascia aperti i nodi cruciali sapendo che in Parlamento si insabbierà tutto. Il governo deve scegliere. Già sarebbe difficile far passare un testo coerente, figurarsi se è pieno di contraddizioni». La Lombardia ha comunque deciso di non abbandonare il tavolo, ma lo scetticismo è evidente. «Sono pessimista - dice Formigoni -, però resteremo a trattare. È una materia troppo importante per non provare fino alla fine a convincere e far capire anche al governo che si tratta di una rivoluzione silenziosa ma positiva per tutto il Paese. Ho paura che il governo non l’abbia capito o che faccia finta di non capirlo perché non ha voglia di superare le contraddizioni interne tra massimalisti e riformisti». Sulla decisione di rinviare l’approvazione, Formigoni è tranchant: «Temo non ci sia una vera volontà di portare avanti la riforma, se è vero che dopo otto mesi non hanno ancora parlato tra di loro e non conoscono i documenti».


INTERVISTA A FORMIGONI

Roberto Formigoni è deluso dall’esito del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto decidere il federalismo fiscale e che invece ha rinviato la pratica. Ma oggi sarà comunque a Roma per trattare con Prodi del documento di programmazione economica e finanziaria: «Mi attendo che nel Dpef si dica che la prossima finanziaria sia la prima costruita su base federalista, ma ormai sono molto pessimista. Come sono pessimista, in complesso, sul federalismo fiscale. Abbiamo lavorato molto, ma i risultati non sono arrivati. Il documento che ha presentato il governo è molto deludente».
Aveva minacciato di lasciare il tavolo. Perché ha deciso di restare se è tanto insoddisfatto?
«È una materia troppo importante per non provare fino alla fine a convincere i riottosi e far capire anche al governo che è l’avvio di una rivoluzione silenziosa ma positiva per tutto il Paese. Ho paura che il governo non l’abbia capito, o che faccia finta di non capirlo perché non vuole superare le contraddizioni interne tra massimalisti e riformisti».
Quali sono le critiche che muovete al federalismo fiscale del governo?
«Vogliamo che il superamento della spesa storica valga per tutti. È un merito delle Regioni, perché tutte le Regioni d’Italia, guidate dalla Lombardia, sono arrivate a questo risultato. Anche le Regioni del Sud chiedono che i finanziamenti siano erogati non sulla base della spesa storica (cioè chi ha avuto ha avuto e continua ad avere) ma andando a finanziare il servizio reso dalla Regione al prezzo medio. È un passo avanti formidabile che non ho visto nel testo. Permangono dei premi nonostante le Regioni abbiano chiesto di rinunciare».
Come se lo spiega?
«Non ci sono solo le Regioni. Ci sono resistenze e vischiosità di altri livelli di governo».
È in corso una guerra tra Comuni e Regioni?
«Non è una guerra. Il federalismo si fonda su una potestà legislativa, che in Italia è dello Stato e delle Regioni. Poi ci sono i poteri amministrativi dei Comuni che vanno rispettati. Il federalismo fiscale deve avvenire nel rispetto dei poteri amministrativi ma tenendo presente questa differenza fondamentale. Portiamo federalismo per semplificare, se moltiplichiamo gli enti facciamo solo confusione e incrementiamo i costi».

Vede il pericolo di inasprire il conflitto tra Nord e Sud?
«È il governo che disattende le richieste di tutti. Sono argomenti di interesse generale su cui la Lombardia è riuscita a trovare un accordo Nord-Sud, portando avanti il binomio solidarietà e responsabilità. Le Regioni del Nord hanno accettato che su sanità e assistenza i diritti sono uguali per tutti, garantiti a tutti e così sono finanziati dallo Stato. Nello stesso tempo il Sud ha accettato che tutte le altre materie, ricerca, tecnologia, turismo, siano finanziate sulla base della capacità fiscale».
Il testo sarà nuovamente esaminato giovedì in Consiglio dei ministri. Si aspetta miglioramenti?
«Quello del governo è un inganno: finge di voler approvare un documento sul federalismo fiscale ma lascia aperti i nodi cruciali sapendo che in Parlamento si insabbierà tutto».
C’è chi teme che alla fine il federalismo fiscale faccia crescere i costi per i contribuenti.
«È un rischio, dal momento che non hanno recepito la proposta della Lombardia di soppressione automatica degli enti della burocrazia statale quando le competenze vengono trasferite. Ad esempio, se i fondi per la famiglia diventano di competenza delle Regioni, noi chiediamo che scompaiano gli uffici, in certi casi i ministeri, che amministravano quei fondi. Sennò diventano enti inutili e i soldi sono buttati via. Altrimenti, sono spese doppie per il cittadini».
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