LA GRANDE TRUFFA DELLA BANCA DELLA LEGA

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Cryptone
00martedì 17 luglio 2007 18:42


Domenica 12 Novembre 2006
La Banca della Lega finisce con una colletta
«Autotassazione per risarcire i soci». L' assemblea vota la messa in liquidazione

MILANO - Comincia male. Clima quasi da rissa tra gli irriducibili della Lega e altre centinaia di soci della Credinord, la «banca del Carroccio», ora con carta straccia in tasca a causa di una finanza disinvolta (crac da 10 miliardi di euro). «Ci ho rimesso i risparmi che mi servivano per le medicine». Quasi piange l' anziano oratore e l' infuocata platea di 428 soci, sui 3mila, accorsi dalla Padania e dintorni - tanti capelli bianchi - gli fa eco tumultuando e poi con urla e fischi taglia la parola a un pezzo grosso del Carroccio che vuole convincere i presenti sulla «generosità dei nostri amministratori».

Per riportare a più miti consigli la scalpitante assemblea chiamata ieri al Centro congressi Leonardo da Vinci di Milano a celebrare il funerale della Holding dell' istituto di credito - formalmente però il partito non c' entra nulla - c' è voluto alla fine un Giancarlo Giorgetti, segretario federale della Lega Nord e pupillo di Bossi: «Credo non aver tradito nessuno e ora faremo il possibile nell' interesse dei soci». Davvero i vertici lumbard si autotasseranno «volontariamente» per rimborsare i piccoli azionisti (in agosto l' aveva annunciato Calderoli: primi rimborsi a settembre)?

Comunque applausi generali, o quasi, sparito il tizio che girava con un cartello: «Sono un p. della Lega»: Così il «funerale» passa a larga maggioranza. Tutto da verificare cosa poi i commissari riusciranno a far tornare effettivamente nelle tasche degli azionisti (si parla del 15%, se tutto va bene).

Fine del sogno della «banca del territorio» sponsorizzata da Bossi e fine anche, per ora, di tanti sudati risparmi. La mano sul fuoco di Giorgetti & C. fa tornare a brillare la fede nel movimento a Corinna Zanon da Borgosatollo (Brescia), pasionaria del «truffati», che ci ha rimesso 7 milioni e mezzo (di lire). Ora si commuove: «Giorno bellissimo, abbiamo ritrovato l' unità. Già a Pontida Bossi l' aveva promesso con una generosa autocritica: "I soci non perderanno una lira"». Più scettiche altre voci: «Una banchetta non poteva farsi trascinare in operazioni miliardarie», fa il pensionato milanese con cravatta verde Giuseppe De Gradi mentre l' imprenditore Luciano Tonellotto - della Lega solo simpatizzante - tenta di distinguere tra l' idea «che è buona» e la gestione «allegra». Ma c' è chi ha chiuso con il passato. «Una pagliacciata la riunione di oggi, tutto già deciso», sibila prima di rientrare a Caselle (Torino), Pietro Varoli, che si era astenuto. Il «no» secco ha votato invece Amedeo Frascati, imprenditore di Turbigo: «Hanno bruciato i nostri soldi - tuona -, e ora mi vergogno con i miei tre figli e gli amici che avevo convinto di entrare nella banca». La tessera dell Lega? «Mi hanno espulso».

Le 13 passate, la riunione è finita, i soci sciamano in fretta concedendo briciole di tempo ai cronisti prima cacciati dalla sala («Fuori, fuori...»): certi conti meglio regolarli in casa. Il presidente degli Amici del Credinord, comitato a tutela dei soci, Fabrizio Fenoglio, leghista eretico, spalanca la grande foto del manifesto lumbard sulla Parmalat: «Restituite i soldi ai risparmiatori». Vale anche per la Credinord? «La vicenda non va lasciata cadere. Chi, grazie alla Lega, gode ora di lauti stipendi ceda alle vittime il 15 % delle retribuzioni». A fine anno è prevista la conclusione del processo civile, i nomi e i cognomi dei responsabili del fallimento. Ma per Natale i soci aspettano sempre la colletta-regalo dei vertici del Carroccio. La troveranno sotto l' albero?


* * * Credieuronord: dal sogno al crac
La banca Credieuronord è nata ufficialmente nel 1998 e in breve tempo è crollata, sommersa da crediti «eccellenti» e a causa di controlli carenti. Dopo l' assemblea del 30 aprile 2005 alcuni soci escono da Euronord holding, le azioni vengono valutate 4,12 euro. Il capitale della società diminuisce a circa 1,9 milioni. Ieri lo scioglimento volontario e la nomina del liquidatore. Il capolinea.

1,9 MILIONI
il capitale sociale attuale della banca della Lega

25 EURO
il prezzo d' acquisto di ogni azione 6 anni fa

4,1 EURO
il valore attuale delle azioni di Credieuronord

10 MILIONI
di euro andati in fumo dal Duemila a oggi


* * * HANNO DETTO

Fabrizio Fenoglio comitato tutela soci

Questa vicenda non deve essere lasciata cadere. Chi grazie alla Lega gode adesso di lauti stipendi deve farsi carico delle vittime del crac


Corinna Zanon azionista

È stato un giorno bellissimo, abbiamo ritrovato l' unità. Già a Pontida Bossi aveva detto che i soci non devono perdere neanche una lira


Amedeo Frascati imprenditore

Hanno bruciato i nostri soldi con operazioni assurde. Mi vergogno di fronte ai miei figli e agli amici che avevo convinto a entrare nella banca


* * * La promessa
«Un fondo volontario per i rimborsi» «Sono qui come socio della banca e come ex amministratore - ha detto ieri Giorgetti, segretario federale -. Nel dibattito non sempre ho sentito posizioni corrette, tuttavia la liquidazione è un atto dovuto e comunque la vicenda non finisce qui: daremo vita a un fondo volontario per risarcire i soci».

(Andrea Biglia)
Domenica 23 Luglio 2006
La tentazione di Bossi: fare una Lega bis (di Giuliano Zulin)


MILANO
Forse è stato un colpo di testa di mezza estate. Ma chi conosce bene Umberto Bossi sa che dietro ogni proposta, seppur indecente, c'è sempre qualcosa. Poche settimane fa il Senatùr ha chiamato Roberto Calderoli, ex ministro delle Riforme, per chiedergli di fare un partito nuovo. Sì, un movimento d'ispirazione leghista, autonomista, nordista, insomma come il Carroccio, che però ritorni a parlare di secessione. Cioè che dica qualcosa in più di padano. La Lega è troppo stretta nella morsa di Berlusconi. Servirebbe un blitz per liberarsi del Cavaliere e tornare a fare politica in autonomia. Ed ecco l'idea: creareunafotocopia del partito di Bossi, in grado ovviamente di recuperare i voti degli indipendentisti che, piano piano, stanno ripensando la loro appartenenza alla Lega. Un peccato, visto che tanti delusi non vanno neanche più a votare. Meglio quindi sarebbe cercare di recuperarli in un neopartito padanista. «Perché non ci provi?», ha chiesto Bossi a Calderoli. Così si troverebbe anche il pretesto per iniziare a smantellare il mondo delle associazioni che, a detta dello stesso vicepresidente del Senato, portano via decine di migliaia di euro senza però un ritorno in termini di consensi. Per non parlare della televisione, TelePadania. Un altro ramo infruttifero. Inoltre la Lega due riuscirebbe di fatto a neutralizzare i ribelli, sia quelli riuniti nel Fronte Indipendentista Padano di Max Ferrari, che quelli rimasti nel partito mapronti a dare battaglia contro i "colonnelli" e lo stesso Bossi.
Calderoli però ha preso tempo. Poco, a dire il vero. E ha detto no. Grazie. Per due motivi. Il primo è strategico: con Aldo Brancher e Giulio Tremonti, sta lavorando alla creazione dell'asse azzurroverde per arrivare all'autonomia del Lombardo-Veneto. In sostanza Lega e Forza Italia faranno pressione sui governatori di Venezia, Giancarlo Galan, e di Milano, Roberto Formigoni, per chiedere più competenze allo Stato centrale. Un'operazione che, in caso di un assenso da parte di Prodi & C., potrebbe passare con una semplice legge ordinaria. Senza quindi quorum e referendum.
Il secondo motivo del gran rifiuto sembra più personale. Calderoli deve aver fatto mente locale e pensato ai precedenti dirigenti leghisti che hanno percorso questa strada. Per esempio: Francesco Tabladini. Nel 2001 era stato incaricato dal Senatùr di dar vita a una Rifondazione leghista, con l'obiettivo di recuperare i padani anti-berlusconiani. L'ex capo dei senatori lùmbard eseguì l'ordine. Poco dopo fu espulso. E che dire di Fabrizio Comencini: nel 1998 l'allora leader della Liga Veneta, sempre su suggerimento di Bossi, trattò con Galan per inserire l'autonomia del popoloveneto nello Statuto regionale. Ma mentre l'accordo stava per essere siglato, il Senatùr, da Mosca, dov'era andato a conoscere l'ultranazionalista Vladimir Zhirinovsky, scomunicò Comencini, accusandolo di voler minare l'unità del Carroccio. Ecco perché Calderoli ha rifiutato l'alto incarico: meglio non rischiare di rimanere fuori casa. E senza chiavi.
A conti fatti però il segretario federale non è riuscito a curare i mal di pancia della base. Il referendum fallito e il rinvio di Pontida a data da destinarsi hanno scoraggiato ancora di più i militanti alla ricerca di una svolta. Per tenerli buoni Calderoli ha comunque chiesto scusa sulla Padania agli elettori leghisti. Si è poi deciso di dare il via alla stagione dei congressi. E infine l'ultimo consiglio federale avrebbe deciso di destinare un milione di euro ai soci dell'ex CrediEuronord. Peccato però che gli azionisti della banca leghista siano sotto di qualche milione. E allora? Meglio evitare contestazioni a viso aperto. Si studia così il rinvio della cerimonia dell'ampolla sul Monviso e della festa dei popoli padani a Venezia, celebrata ogni anni a metà settembre per ricordare la dichiarazione d'indipendenza della Padania. Quest'anno ricorre il decennale. Chi lo festeggerà?

n. 87 del 13 Aprile 06 pagina 7
Scandalo fallimenti gonfiati Chiesti 6 anni per la Gocini


Nel nuovo processo si profila una seconda pesante condanna per la commercialista

Dieci anni di reclusione per Camillo Naggi, 6 per Carmen Gocini e 4 per Giancarlo Conti. Queste le richieste di condanna invocate dall’accusa al processo con rito abbreviato relativo al cosiddetto «scandalo dei fallimenti». Processo stralcio che vede di nuovo imputata la commercialista Gocini, accusata di aver sottratto almeno 75 miliardi di lire in dieci anni dalle procedure fallimentari di cui era curatrice, e che è già stata condannata con rito abbreviato a 8 anni di reclusione per altri fallimenti gonfiati.
Naggi è il titolare dello studio in cui lavorava la commercialista, mentre Conti è il direttore generale della banca Credieuronord dove sarebbero transitati circa 13 milioni di euro, provento dei fallimenti gonfiati. I tre imputati sono accusati a vario titolo di peculato, riciclaggio e falso.
L’udienza preliminare continua dunque parallelamente nei confronti dei fratelli Angelino e Caterino Borra, ex proprietari di Radio 101 accusati di aver ricevuto parte del denaro distratto da Gocini dalle procedure fallimentari, e di Alfredo Molteni, ex direttore responsabile di sala e delle segnalazioni antiriciclaggio dell’istituto di credito. Anche i due Borra hanno già ricevuto una precedente condanna a 8 anni di carcere per episodi analoghi. Il giudizio era stato emesso con rito abbreviato nel 2004 e confermato in secondo grado lo scorso 3 novembre dalla quarta corte d’appello.
I pm Riccardo Targetti, Giulia Perrotti e Margherita Taddei contestano a Conti e Molteni di aver consentito ai Borra di versare assegni anche circolari derivanti dal peculato, per poi trasferirli su altri conti creati per far perdere le tracce della provenienza dei soldi. Date le dimensioni della banca, sostengono i magistrati, non è possibile ipotizzare che i due dirigenti fossero all’oscuro di tutto. I fatti contestati agli imputati risalgono fino al 1995.
19 Dicembre 2005
(Paolo Biondani - Giuseppe Guastella)

L'inchiesta sull'Opa Antonveneta

Fiorani parla, nei verbali nomi eccellenti

Altre 10 ore d’interrogatorio a San Vittore. Nel mirino «gli sponsor delle scalate, anche politici»

Il banchiere Fiorani (Ansa)

MILANO - Dieci ore di interrogatorio a San Vittore, il secondo in due giorni, con i tre pm che incalzano il detenuto per tutta la domenica: è il segno più vistoso che le confessioni di Gianpiero Fiorani, il banchiere di Lodi in carcere da martedì come capo di un’«associazione per delinquere» in gran parte «ancora intatta», promettono di scatenare altre tempeste nei palazzi della politica e dell’economia. Nelle sue deposizioni-fiume Fiorani ha fatto sicuramente «nuovi nomi eccellenti». Ha chiamato in causa quattro o cinque «personaggi». Qualcuno è «di alto livello»: «anche politici», ma non solo. Li ha indicati come i massimi «sponsor» delle grandi scalate, passate e presenti, che a cominciare dal ’96 hanno segnato la vorticosa ascesa della Popolare di Lodi, minandone i conti. E in questo quadro si è dipinto come partecipe o talvolta esecutore di una più ampia strategia di «difesa dell’italianità delle banche», condivisa da tutti gli «sponsor». E in primis dal governatore Antonio Fazio.

IL SEGRETO SULLE INDAGINI - Alcuni «nomi eccellenti» sarebbero completamente nuovi: mai comparsi prima nell’inchiesta. Ed è proprio la necessità di nuove indagini a spiegare l’inusuale richiesta di «segretare», l’altro ieri, già il primo «interrogatorio di garanzia» davanti al gip Forleo. Per la Procura si apre una nuova fase di verifiche urgenti per capire se, tra chi era al vertice della «rete di protezione», qualcuno possa aver ottenuto contropartite economiche o di potere. Fiorani avrebbe ricostruito nei dettagli anche la famosa notte tra l’11 e il 12 luglio, quando Fazio gli telefonò di aver «appena firmato» l’autorizzazione all’Opa su Antonveneta. Il governatore è indagato per insider trading proprio per aver divulgato a troppe persone quell’informazione riservata. Fiorani avvertì Fazio di non essere solo, ma «nello studio dei legali» con tre «collaboratori», tra cui Boni che ora è in carcere come presunto regista dei reati di borsa. «Sia io, sia D’Amico che Boni - ha già ammesso uno dei tre, Attilio Savarè - abbiamo mandato sms ai colleghi per comunicare l’autorizzazione. Fiorani ha chiamato Gnutti...». E intanto Fazio avvertiva il senatore Grillo (cliente finanziato da Bpl-Bpi), che quella notte gli offrì un passaggio in auto da Bankitalia a casa.

IL TESORO DA DUECENTO MILIONI - Dopo le reticenze dei primi quattro interrogatori, culminate nella scoperta che Fiorani in ottobre aveva nascosto tra Jersey e Singapore «circa 70 milioni di euro», il banchiere ha indicato ai pm tutta la sua rete di conti, società e immobili in Italia e all’estero, per un totale quantificabile in «circa 200 milioni di euro». Pur ammettendo le sistematiche «appropriazioni indebite» a danno della banca, Fiorani ha voluto chiarire che questo «è davvero tutto» il suo patrimonio anche lecito.

I MISTERI DELLE SCALATE - Nell’interrogatorio si è parlato anche dell’assalto alla Rcs e quindi al «Corriere», per cui la banca di Fiorani ha finanziato con circa 800 milioni di euro l’immobiliarista Stefano Ricucci, per ragioni mai chiarite, fino a poco prima che fosse interdetto, il 2 agosto, per Antonveneta. Il banchiere ha poi descritto gli affari con Emilio Gnutti e «gli amici di Unipol», ma non è chiaro se abbia affrontato la questione Bnl. E nemmeno se abbia inquadrato le tre scalate estive in un’unica tela. Sui parlamentari «finanziati illecitamente» (così il gip), l’unica indiscrezione è che Fiorani ha confermato il nome del «personaggio romano» che «segnalava i politici da accreditare». Già sabato Fiorani aveva annunciato di voler affrontare «tutte le accuse». E all’interrogatorio-fiume di ieri ne seguiranno altri. La Guardia di Finanza potrebbe cercare già nelle prossime ore i riscontri alle confessioni del banchiere, che ancor prima dell’arresto ammise il piano per «spartirsi il bottino da 200 milioni» della scalata ad Antonveneta. Ma ora l’inchiesta riguarda dieci anni di acquisizioni, spesso apertamente sostenute da Fazio. Secondo l’agenzia Ansa, Fiorani avrebbe parlato anche di «come fu costretto a salvare la banca della Lega CrediEuroNord» e dei «politici» interessati. E tra i misteri c’è pure l’acquisto per 88 milioni di euro dalla famiglia Bassani della banca Adamas, benché inquisita per riciclaggio e oberata di debiti. Ribattezzata Bpl Suisse, è diventata la tesoreria occulta del sistema Fiorani.
Giovedì 6 Ottobre 2005
L’inchiesta Credieuronord è per riciclaggio (di Paolo Colonnello)


FINANZA E FALLIMENTI IL SOSPETTO EMERGE DALLE CARTE DELL’INDAGINE SUL SALVATAGGIO DELLA BANCA DELLA LEGA OPERATO DALLA EX POPOLARE LODI

MILANO
L’inchiesta è “contro ignoti” ma il reato è preciso e pesante: riciclaggio. E riguarda, in mancanza, per ora, di persone fisiche, il soggetto giuridico e la gestione di Credieuronord, ovvero la fallita banca della Lega. È questo il tema dell’inchiesta aperta alcuni mesi fa dal pm Riccardo Targetti e che ha portato nelle scorse settimane la Guardia di Finanza negli uffici lodigiani della Bpi per acquisire i contratti di cessione della Credieuronord nonchè libri contabili, attivi e passivi e documenti vari sulla passata gestione della sconclusionata banca padana. Una banca fallita nei fatti ma non sulla carta visto che, a un passo dal baratro, nella primavera del 2004 l’istituto di credito voluto da Bossi venne salvato dalla Bpl di Giampiero Fiorani che ne inglobò una buona parte trasformandolo in holding e pagandolo il 16 per cento in meno del valore iniziale, cioè 2,8 milioni di euro, ovvero 4 euro per azione contro i 25,8 sborsati dai 4.000 piccoli investitori solo 4 anni prima e fino alla data del 30 aprile 2004. Meglio di niente, dato che lo stato contabile della banca leghista era in stato comatoso, con 13 milioni di euro in crediti inesigibili, 8 milioni di euro di perdite solo nel bilancio del 2003 e 12 milioni di euro di sofferenze su circa 47 milioni di euro di impieghi. Insomma non proprio un affare, sia per i piccoli azionisti che, si direbbe, per la ex Bpl ora Bpi. La quale comunque si sarebbe garantita da brutte sorprese inserendo nel contratto di cessione della holding alcune clausole. Condizioni al verificarsi delle quali «non si prenderà nemmeno in considerazione la fusione della cedente in una delle società di Bpl». Vale a dire che, se dovessero sorgere problemi, anche i 4 euro per azione ricevuti dai piccoli azionisti dell’ormai scomparsa Credieuronord, dovranno essere restituiti. In altre parole: se ci saranno procedimenti pendenti entro la fine dell’anno (2005), la vendita di Credieuronord sarà annullata. Clausole che al pm che indaga sul presunto riciclaggio operato dai pochissimi sportelli che la banca leghista era riuscita ad aprire, sono sembrate singolari e comunque meritevoli di maggior approfondimento. Sull’operazione Bpl-Credieuronord vennero scritti fiumi d’inchiostro e fioccarono interrogazioni parlamentari. Anche perchè nel 2003 gli ispettori della vigilanza di Bankitalia stilarono una relazione al vetriolo che dipingeva la banca «della Padania», «dove il signor Brambilla possa investire nell’azienda di Rossi», come una società senza nè capo nè coda, dove i crediti venivano concessi senza alcuna garanzia, dove non si tenevano nemmeno in ordine i libri contabili, dove mancava perfino l’istituzione di una struttura di controllo interno. Dove «l’erogazione del credito...è connotato da carenze che si sono riflesse sulla qualità dell’erogato». Oppure dove si sono verificati «affidamenti per operazioni finanziarie senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso (ad es. Bingo.Net srl). Ciò nonostante il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, ora indagato a Roma e coinvolto pesantamente nella vicenda della scalata Antonveneta, diede il suo benestare al salvataggio messo in atto dall’amico Fiorani. Sono in tutto 13 i punti «di criticità» contestati nella relazione della Banca d’Italia: una situazione da paura che indusse infine il ministro del Tesoro dell’epoca, Giulio Tremonti, a sanzionare per svariate migliaia di euro i responsabili dell’istituto di credito, tutti in qualche modo notabili leghisti tra i quali spiccava il sottosegretario all’Interno Maurizio Balocchi, già finito nel mirino dei magistrati per un altro clamoroso fallimento del 2003, la società Bingo.Net, citata en passant come postilla nella relazione di Bankitalia. Anche in questo caso milioni di euro scomparsi nel nulla dopo essere stati erogati dalla banca di cui Balocchi, passato dall’amministrazione di condomini al ruolo di tesoriere della Lega, figurava tra gli amministratori: insomma creditore e debitore al tempo stesso. Per altro Balocchi è sempre stato in buona compagnia, visto che ai vertici della disastrata banca padana si sono seduti in varie fasi i sottosegretari leghisti Brambilla, Stefani e Giorgetti. Coinvolta quindi nella vicenda del fallimento di Radio 101 One-o-One dei fratelli Borra, che depositavano (e poi facevano sparire) sui conti di Credieuronord i miliardi sottratti al tribunale fallimentare dalla commercialista Carmen Goncini, la storia e i misteri della banca della Lega ora sono finiti sotto la lente d’ingrandimento della procura milanese per un’indagine tutta nuova che prevede già un reato pesante: riciclaggio.
Mercoledì 5 Ottobre 2005
Bpi nei guai per la banca della Lega (di Paolo Colonnello)
La Procura di Milano ha aperto un fascicolo sul caso Credieuronord


INDAGINI LA GUARDIA DI FINANZA NELLA SEDE DELL’EX BPL ALLA RICERCA DEI DOCUMENTI SUL PASSAGGIO DI MANO DELL’AZIENDA LUMBARD

MILANO
Per ora è un risvolto secondario dell’indagine principale sulla scalata Antonveneta. Ma presto potrebbe diventare un terremoto politico. La Procura di Milano, in gran segreto, nelle scorse settimane ha infatti deciso di aprire un fascicolo dedicato al salvataggio che la ex Popolare di Lodi guidata da Gianpiero Fiorani fece della Credieuronord, la cosiddetta «banca della Lega». Istituto di credito con pochi sportelli, conti disastrati e un pesante sospetto di riciclaggio, la Credieuronord nelle intenzioni di Umberto Bossi sarebbe dovuta diventare «la banca che si rivolge al tessuto sociale e produttivo che fa riferimento alla Lega». Successe invece che nel 2004 la banca si vide costretta a chiedere e ottenere l’intervento di Bpl, all’epoca in piena espansione, che, stimandola in tutto 2 milioni e 800 mila euro, la inglobò dandole il nome di Euronord Holding. Storie che sembravano dimenticate ma che con l’inchiesta sugli affari di Fiorani sono tornate prepotentemente alla ribalta tanto da spingere il pm Riccardo Targetti, che già si era occupato dell’istituto di credito per un’altra inchiesta, a spedire nei giorni scorsi un consistente drappello di uomini della Guardia di Finanza del nucleo provinciale nella sede lodigiana della Bpi, ex Bpl. In mano le Fiamme Gialle avevano un ordine di esibizione per acquisire i documenti che trattarono la cessione e l’acquisto di Credieuronord. Tutto nasce da un’altra inchiesta, quella sugli affari dei fratelli Borra - proprietari della storica emittente radiofonica 101 One-o-One (acquistata ora da Mondadori) - con la commercialista Carmen Goncini accusata di aver sottratto milioni di euro dalle casse del tribunale fallimentare milanese (circa 70 miliardi di lire) versandoli, prima di farli sparire, proprio sui conti della banca padana. Per l’esattezza vennero versati 64 assegni circolari per 13,2 milioni di euro sul conto corrente 920/47, intestato alla radio, di cui 6,9 milioni di euro riversati in seguito su altri conti della stessa filiale «ma attribuendo falsamente a tali operazioni di giro conti» l’apparenza «di un prelevamento in contanti da un conto e di versamento in contanti su altri». A quale scopo? Secondo i giudici del tribunale che hanno condannato in primo grado a 8 anni di reclusione i tre protagonisti della vicenda, l’obiettivo era «ostacolare l’individuazione della provenienza illecita del denaro e della sua destinazione ultima». Che non si è mai capito bene quale fosse anche se in parte i magistrati sospettano che quel denaro sia servito ai Borra per acquistare un intero arsenale di carri armati, vecchi Mig, auto, moto e armi di vario genere dall’ex impero sovietico. Tutte nascoste in un paio di hangar nell’Oltrepo pavese. Una strana passione, un po’ inquietante sulla quale i magistrati non hanno ancora smesso d’indagare.
Da "Il Sole 24Ore - Plus" del 24 Settembre 2005
CREDIEURONORD
La rivolta degli azionisti (Stefano Elli, Marco Liguori)
La marcia dei 500 soci
Gli azionisti della banca leghista si riuniscono in un comitato
Lo scopo? Dare battaglia per riavere almeno parte del proprio denaro

I soci della Banca Popolare Credieuronord, l'istituto vicino alla Lega Nord, stanno preparando le loro mosse per recuperare il proprio capitale investito. I promotori del «Comitato Amici della Credieuronord», che raccoglie 500 azionisti dell'istituto su un totale complessivo di 3.300, hanno intenzione di incontrare nelle prossime settimane i magistrati della Procura della Repubblica di Milano Margherita Taddei, Giulia Perrotti e Riccardo Targetti, che stanno indagando sulla vicenda dell'azienda di credito leghista coinvolta nello scandalo delle malversazioni della curatrice fallimentare Carmen Gocini nelle casse degli ex proprietari di Radio 101 Angelo e Caterino Borra. L'iniziativa segue quella dello scorso febbraio, quando un centinaio di loro presentò un esposto collettivo (il cui testo è sul sito del comitato labancadellalega.web-gratis.net) agli stessi Pm, in cui si chiedeva di fare chiarezza sulle vicende che hanno causato in tre esercizi finanziari il dilapidamento del patrimonio dell'istituto. «Il capitale sociale era pari a 30 miliardi di vecchie lire - spiega Fabrizio Fenoglio, coordinatore del Comitato - sottoscritto in gran parte da militanti e simpatizzanti della Lega Nord: in tre anni di operatività ne è stato sperperato circa l'85 per cento. Nel 2001 le azioni valevano 50mila lire, pari a 25 euro: il primo esercizio ha chiuso in rosso, ed era normale visto che la banca era in fase di avviamento. Nel 2002 fu varato un aumento di capitale da 28 euro per azione: ma non servì a nulla per l'ennesima chiusura in perdita». Ai soci fu chiesto un altro contributo nel 2003. «Fu indetta un'altra operazione di incremento del capitale - prosegue Fenoglio - a 9,5 euro per azione, a cui parteciparono i vertici della Lega, insieme a consiglieri regionali e comunali». Alla fine del 2004 l'assemblea dei soci votò la sua trasformazione da società cooperativa in Spa, denominata Euronord Holding, per permettere il suo passaggio alla Banca popolare Italiana (ex Banca Popolare di Lodi). Quest'ultima, per ora, ha rilevato solo il ramo d'azienda della holding costituito dall'attività bancaria con i due sportelli di Milano e Treviso: il progetto prevede la fusione della holding nel gruppo lodigiano.


«Ciòperò è sottoposto alla clausola con cui la Bpi - aggiunge Fenoglio - attende la risoluzione di tutte le controversie legali della ex Credieuronord. Oltre, naturalmente alla risistemazione dei conti e dei vertici della stessa Banca popolare italiana dopo le dimissioni irrevocabili del suo amministratore delegato Gianpiero Fiorani. Ciascun azione della holding vale 4 euro: quelli che hanno sottoscritto le azioni all'atto di nascita della banca stanno perdendo 21 euro per azione, mentre chi ha sottoscritto il primo aumento di capitale è sotto di 24 euro. I soci sottoscrittori solo del secondo hanno un rosso di 5,5 euro ad azione». Legittimo, dunque, il risentimento e la rabbia di coloro che, spinti dalla fedeltà di partito ed esortati ad aderire all'iniziativa da Umberto Bossi in persona, hanno perso circa il 70% del proprio investimento. Il Comitato presenterà ai magistrati un dossier riguardante una serie di atti su operazioni effettuate dalla Credieuronord. Inoltre, ai Pm sarà esibito anche il Bollettino della Vigilanza della Banca d'Italia del marzo 2004. In esso, gli ispettori di via Nazionale hanno rilevato cinque tipi di irregolarità: «Carenze nell'organizzazione e nei controlli interni», «carenze nei controlli interni da parte del collegio sindacale», «carenze nell'organizzazione e nei controlli interni da parte del direttore generale», «carenze nella gestione del credito da parte del consiglio di amministrazione e del direttore», «posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnalate alla vigilanza da parte del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale e del direttore generale». Per la prima, quarta e quinta infrazione sono stati sanzionati ciascuno con 7.746 euro il presidente Francesco Arcucci, il vicepresidente Giovanni Maria Galimberti, i consiglieri Massimo Barbiani e Maurizio Balocchi (sottosegretario leghista all'interno) dall'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. I tre membri del collegio sindacali hanno ognuno ricevuto una sanzione di 5.164 euro, mentre l'ex direttore generale Giancarlo Conti ha avuto una sanzione di 15.680 euro. Solo Galimberti ha presentato ricorso alla Corte di appello di Roma contro la decisione di Tremonti, ma è stato respinto dai giudici.
Da "Il Sole 24Ore - Plus" del 24 Settembre 2005
CREDIEURONORD
L'inchiesta penale (Stefano Elli, Marco Liguori)
Le prossime tappe del processo sulle distrazioni alla fallimentare


«Ma perché non vi occupate di Parmalat e di Cirio?». Così il ministro del Welfare Roberto Maroni al cronista che gli chiedeva un commento sulla vicenda della banca leghista Credieuronord. Una vicenda ancora aperta, almeno sul fronte penale, e che vede la prossima tappa programmata il 20 ottobre, quando di fronte al Gup di Milano Enrico Manzi, si ritroveranno insieme i commercialisti e curatori fallimentari Carmen Gocini e Giancamillo Naggi, gli ex titolari di Radio One-o-One Angelo e Caterino Borra e il direttore generale della banca della Lega Credieuronord Giancarlo Conti con il responsabile della filiale di Milano Alfredo Molteni. In fase di archiviazione, su richiesta dei Pm, invece la posizione dell'ex presidente del consiglio di amministrazione della banca Giovanni Maria Galimberti. Da sottolineare come, tra gli indagati, non risulta alcun membro del consiglio di ammininistrazione, né l'ex vicedirettore generale Bruno Sirtori, uscito dalla banca nel settembre 2002 per «divergenze con i vertici». Il dirigente e il funzionario della Banca Credieuronord, al contrario, sono imputati in quanto responsabili delle segnalazioni antiriciclaggio. Per l'accusa, avrebbero mancato di indicare all'Ufficio italiano cambi tra l'ottobre 2001 e il agosto 2003, il versamento di 64 assegni circolari per complessivi 13,244 milioni di euro provenienti dalle distrazioni della Gocini. In altre parole per i Pm i dirigenti avrebbero favorito le operazioni di candeggio del denaro (circa 30 milioni di euro) che, dal 1994 ad oggi, era stato distratto dalle procedure dai professionisti milanesi. A supporto delle tesi della Procura della repubblica vi è poi la Consulenza tecnica di un funzionario dello stesso Ufficio italiano cambi, Nicola Gomez, in cui si sottolinea la natura illecita delle operazioni messe in atto. Dal canto loro gli indagati ridimensionano: si sarebbe trattato di una semplice violazione di regolamenti: le operazioni bancarie sarebbero state registrate sotto il codice normalmente utilizzato per prelievi e versamenti in contanti anziché in quello utilizzato per i bonifici. Ma secondo quanto risulta a Plus, esiste un altro filone dell'inchiesta che riguarda i fratelli Borra e le malversazioni: un filone sino a questo momento inesplorato e che riguarda altri movimenti di denaro transitati su conti di banche diverse su cui i magistrati intendono far luce.
Lunedi 29 Agosto 2005
EDITORIALI
Ma quale banca padana?


Link all'editoriale del direttore Marco Giovannelli.
Domenica 7 Agosto 2005
FINANZE PADANE
LA LEGA E FAZIO (di Gian Antonio Stella )


«Dottore in teologia mortale»: quando La Padania lo chiamava così tempestandolo di richieste di dimissioni, l' idea che Antonio Fazio sarebbe stato accanitamente difeso un giorno dalle milizie celtiche pareva impossibile. Mai dire mai. Lo dimostra uno dei tanti titoli di questi giorni del quotidiano leghista. Il titolo è: «Roma padrina / Chi c' è dietro l' attacco a Fiorani e alla nuova finanza padana?». Un voltafaccia stupefacente perfino in un Paese trasformista come il nostro. Incoraggiato dal miracoloso salvataggio, mesi fa, di quella che avrebbe dovuto essere la Gran Banca Padana. Sprofondata in pochi mesi in un abisso di debiti. Scrive oggi Gianluigi Paragone, che della Padania è il quinto direttore in sette anni: «Fiorani non lo conosco. So che ha comprato Credieuronord, la banca considerata della Lega...». Ed è lì, la storia da raccontare: nella scelta furbina di quel distaccato aggettivo: «considerata». Gli oltre tremila sventurati caduti nella trappola, quasi tutti leghisti duri e puri, se la ricordano bene, infatti, la campagna che portò all' avventura finanziaria nella quale molti hanno perso tutti i loro risparmi. «Anch' io sono socio fondatore della Credieuronord. E tu?», sorrideva rassicurante in una foto l' Umberto. Il quale, in altre pubblicità, tuonava: «Finalmente una banca nostra». Cioè «una banca padana e dei padani». Lui stesso illustrava lo sforzo chiesto: «Ogni azione vale 50 mila lire e il minimo d' acquisto è di 20 azioni, un milione, per studenti, casalinghe e pensionati». Appello: «Avanti, non perdiamo la grande occasione». E nacque, la banca padana. Era il gennaio 2001, aveva 2.615 soci, poco più di 17 miliardi di capitale e Gian Maria Galimberti, allora vicepresidente, gongolava sul quotidiano leghista: «Abbiamo dato concretezza agli ideali del Carroccio». Cioè? Cioè, rispondeva il «banchiere», la «realtà nata sul prato di Pontida» si presentava «come una banca estremamente moderna». E basta con le voci maligne: «certo non saranno fatti dei prestiti graziosi». Un anno dopo, la Padania pubblicava un pezzo esultante: «Credieuronord, una sfida vinta». Diventato presidente, Galimberti spiegava stavolta che il pareggio era lì lì: «Anzi, l' abbiamo già raggiunto con il primo trimestre 2002». Un trionfo: «Le cifre parlano chiaro: 54 miliardi di raccolta e 20 miliardi di prestiti erogati nei sei mesi del 2001». Di più: «Ora il capitale è di 13 milioni di euro, circa 26 miliardi». E il futuro era ancora più roseo: «Abbiamo presentato un piano di apertura per 15 sportelli in 5 anni, 4 solo nel 2002 a Bergamo, Brescia, Treviso e Milano. Parallelamente sorgeranno sportelli a Vicenza, Fossano, Cuneo, Busto Arsizio, Como...». Insistere, insistere, insistere, raccomandavano le segreterie provinciali come quella di Bergamo controllata da Roberto Calderoli: «Occorre che i nostri risparmi finiscano sui conti della Banca Popolare Credieuronord». Come andassero le cose, nella realtà, l' avrebbero ricostruito nel marzo 2003 gli ispettori di Bankitalia: «incoerenze nella politica creditizia nonché labilità dei crediti»; «scarni resoconti delle riunioni consiliari» talvolta «redatti a distanza di mesi»; «ridotta cultura dei controlli»; «scarsa cura prestata alle evidenze sui grandi rischi»; «ripetuti sconfinamenti autorizzati dal Capo dell' esecutivo» e «acriticamente ratificati dall' organo collegiale». Insomma: un colabrodo. Al punto che, a meno di due anni dalla nascita, il buco era già di 8 milioni e mezzo di euro in crediti difficilmente esigibili di cui 4,7 già dati per persi. Cos' era successo? Lasciamo rispondere a Bruno Tabacci: «Con 4-5 affidamenti si sono mangiati tutto il capitale». Soldi dati «senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso», scrissero gli ispettori, ad amici. Come la moglie di Franco Baresi Maura Lari. O il leader dei Cobas del latte Giovanni Robusti. O la società (fallita) Bingo.Net che aveva come soci leghisti di spicco quali Enrico Cavaliere (già presidente del consiglio del Veneto) e Maurizio Balocchi, tesoriere della Lega, sottosegretario e addirittura (sic!) membro del Cda della banca. Peggio: stando alle inchieste, la banca era servita a far girare (senza una segnalazione all' Ufficio Italiano Cambi) un fiume di soldi fatti sparire al tribunale fallimentare da Carmen Gocini per conto di Angiolino Borra, il padrone di Radio 101 che la Lega aveva a suo tempo suggerito per il Cda della Rai. Risultato: i poveretti che avevano messo i risparmi nella banca della Lega («cosa che si erano ben guardati dal fare troppi ministri, deputati e senatori», accusano negli esposti e nei forum su internet che traboccano di amara delusione) si sono ritrovati con un pugno di mosche: 2,69 euro ad azione contro i 25 (o 28) investiti. E sulle teste dei leader coinvolti ai massimi vertici del moribondo istituto bancario (Stefano Stefani, Maurizio Balocchi, Giancarlo Giorgetti...) si addensavano nubi foschissime. Era tale, il nervosismo, che la rabbia contro Fazio per la gestione dei casi Cirio e Parmalat pareva trarre nuova forza. Sergio Rossi accusava il Governatore di essere «un incapace». Francesco Moro lo abbinava a Don Abbondio. Federico Bricolo gli intimava di dimettersi giacché «la gente si chiede come mai Beppe Grillo sapesse mentre il Governatore ignorava tutto». Mimmo Pagliarini strillava ai «grandi truffatori della finanza italiana, che con la complicità anche di alti vertici istituzionali vogliono appropriarsi dei risparmi degli italiani». Alessandro Cè ordinava: «Deve dimettersi». E per le strade di Milano sfilavano fiaccolate leghiste: «Fazio, vattene!». Poi, miracolo, si affacciò un uomo: Gianpiero Fiorani. Che si fece carico, con la sua Popolare di Lodi, dell' ormai defunta banca leghista. Spazzando via gli incubi, anche penali, dei protagonisti della catastrofica impresa. Era il 5 ottobre 2004. E le ostilità, improvvisamente, cessarono come di colpo si quietano certi uragani caraibici. Come non voler bene a Fazio, venerato ora come il Sant' Antonio della finanza padana?
9 Agosto 2005
STIAMO PARLANDO DI CREDIEURONORD O DEL BANCO DI NAPOLI?


Che coraggio... La risposta del direttore de "la Padania" Gianluigi Paragone.
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Lunedi 7 Febbraio 2005
PRIMO PIANO
Il cavaliere bianco in difesa della Banca Padana (di Alberto Statera)

Il sussulto di nazionalismo del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio a difesa dell'italianità delle nostre banche si è spinto fino alla Nazione Padana. Non perché i padani di Bossi minacciassero moneta alla mano, come gli olandesi o gli spagnoli, di voler scalare i nostri istituti di credito. Al contrario, perché avevano una certa urgenza di salvarsi dal disastro la Banca della Padania appioppandola all'Italia. Lanciata tra i militanti nelle sezioni della Lega nel ‘98, in era secessionista, la Banca Popolare CredieuroNord viene costituita il 21 febbraio 2000 e comincia a operare nel novembre 2001 con 2600 soci e 19 miliardi di capitale. Bastano un paio d'anni per farne un piccologrande crack. Piccolo perché, per quel che se ne sa, si tratta di un buco di una decina di milioni di euro, grande per la gravità delle irregolarità nella gestione del credito trovate dagli ispettori della Banca d'Italia e per i nomi dei personaggi coinvolti. Primo Maurizio Balocchi, sottosegretario all'Interno e tesoriere della Lega, amministratore della banca e al tempo stesso debitore come amministratore unico della società BingoNet, fallita nel 2003. Poi una pletora di personaggi più o meno illustri della Lega entrati in Consiglio d'amministrazione in varie fasi, tra i quali i sottosegretari Alberto Brambilla, Stefano Stefani e Giancarlo Giorgetti. Per tamponare il fallimento leghista, che lascia tremila soci (ex) militanti imbufaliti, era stata officiata la Popolare di Milano che, visti i conti, è scappata a gambe levate. A questo punto compare il cavaliere bianco che si prende il crack della Lega con la benedizione di Fazio, che se non riuscirà a bloccare l'orda d'oltralpe, avrà almeno placato in nome dell'italianità il secessionismo padano e convinto i leghisti a votare contro il mandato a termine del governatore, come ha già promesso il ministro Maroni. Il cavaliere bianco di Fazio risponde al nome di Gianpiero Fiorani, ragioniere quarantacinquenne, ex giornalista dell'Avvenire, da sei anni amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi, una banchetta di provincia con molti problemi, con una quota di bad loan tra i peggiori in Europa. In quattro anni Fiorani si è preso l'Iccri, l'Efibanca, la Popolare di Crema, le casse di Risparmio di Livorno, Lucca e Pisa, la Casse di Imola e Pescara, le Popolari del Trentino, di Mantova e di Bronte, il Banco di Chiavari e la Popolare di Cremona, con una coda di accuse per insider poi archiviate. E ora mena le danze nella tormentata vicenda dell'Antonveneta contro il colosso Abn Amro, che non ha intenzione di perdere il suo ruolo strategico e, governatore o non governatore, potrebbe lanciare un'Opa. Molti si chiedono non solo perché Fazio ha più paura degli stranieri che dei palazzinari e dei discussi finanzieri alla Chicco Gnutti e alla Giovanni Consorte che infestano le banche, ma anche perché ha scelto il ragioniere di Codogno come gendarme dell'italianità. E fioccano le leggende metropolitane, spesso troppo italiote per essere del tutto autentiche. Come quella del ruolo di consigliere spirituale ma anche finanziario di don Luigi Ginami, giovane prete mondano che ha celebrato il matrimonio della figlia di Geronzi e l'anniversario di matrimonio di Fazio, meritando un articolo encomiastico su "Bipielle Magazine" firmato Maria Teresa Fazio, la figlia del governatore. Un po' poco per spiegare il ruolo del ragionier Fiorani e dei palazzinarifinanzieri che nei consigli delle banche sono l'incarnazione dei conflitti d'interessi e vanificano le norme antitrust che la Banca d'Italia deve far rispettare. Il minicrack della Banca della Lega è l'epitome di ciò che sta avvenendo nel sistema bancario italiano, in una confusa fase di riallocazione d'interessi, che qualche giorno fa ha visto anche un' irrituale intesa tra il governatore e il presidente del Consiglio. Se questa è la linea del Piave dell'italianità, c'è forse da augurarsi che qualche grande banca straniera prenda il controllo di banche italiane.
Sabato 5 Febbraio 2005
BANKITALIA
La Lega fa una piroetta diventa fazista e ringrazia




[Modificato da Cryptone 17/07/2007 18.42]

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