Il Santo del giorno: 5 Gennaio

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"Palantir"
00giovedì 5 gennaio 2006 14:30


Sant' Amelia Vergine e martire

5 gennaio

Gerona (Catalogna in Spagna), 304 ca.




Questa santa di cui non si sa praticamente nulla della sua vita, appartiene ad un numeroso gruppo di martiri cristiani, uccisi a Gerona città della Catalogna in Spagna, durante il IV secolo.
La notizia è riportata in un antico Breviario di Gerona che pone questo lungo elenco di martiri all’epoca della persecuzione di Diocleziano (243-313). Nel 1336 il vescovo di Gerona Arnau de Camprodón, scoprì le reliquie dei martiri e dedicò ad essi un altare nella cattedrale cittadina, poi nei secoli questi martiri, elencati in una lunga lista dal ‘Martirologio Geronimiano’, sono stati celebrati a gruppi in date diverse, di alcuni di essi il suddetto Martirologio e altri documenti e iscrizioni lapidarie, riportano i nomi con qualche piccola aggiunta; è il caso dei martiri Germano, Giusturo, Paolino e Sicio, con festa al 31 maggio, Paolino e Sicio sarebbero antiocheni, mentre Germano, Giusturo e tutti gli altri dell’elenco sembrano essere africani.
Altri nomi più conosciuti sono s. Felice (1° agosto), ss. Romano e Tommaso che furono crocifissi (8 giugno).
Come si vede il solo nome della martire Amelia, riportato nel lungo elenco dei martiri per la fede, morti a Gerona, ma inquadrati nella grande carneficina che infuriò nell’impero romano, durante la persecuzione di Diocleziano, non ci permette di sapere altro.

Il nome Amelia / Amelio usato soprattutto al femminile, deriva da ‘Amali’ nome di una potente famiglia Ostrogota ed ha il significato di “vergine senza macchia”. Altre interpretazioni etimologiche lo indicano come continuazione del nome gentilizio latino ‘Amelius’ derivato da ‘Amius’ di probabile origine etrusca; inoltre è indicato come una variante del nome Amalia, ma che comunque nel tempo si è affermato con una valenza propria. Il nome Amelia ha ancora una certa diffusione in Italia, mentre è pressoché scomparso il maschile Amelio.

"Palantir"
00giovedì 5 gennaio 2006 14:32
Sant' Amata (Amma Talida) della Tebaide Vergine

5 gennaio



Palladio (morto prima del 431) narra di aver visto ad Antinoe in Egitto dodici monasteri femminili e di avervi incontrato parecchie religiose di eccezionale virtù. Tra esse ricorda Amata o Amma Talida, abbadessa di uno di quei monasteri, quando era ormai ottantenne, circondata dall'affetto e dalla venerazione di sessanta monache, che le ubbidivano con animo veramente filiale. Di lei Palladio sottolinea in particolare l'eccezionale castità conservata illibatissima per così lunghi anni e diventata in lei come una seconda natura, al punto da consentirle di trattare con serena familiarità persone d'altro sesso. Nei cataloghi del De Natalibus, del Canisio e del Ferrari, come negli Acta Sanctorum, è ricordata col titolo di santa al 5 gennaio; la sua memoria manca invece nel Martirologio romano.
"Palantir"
00giovedì 5 gennaio 2006 14:39
Santa Genoveva Torres Morales Fondatrice

5 gennaio

Almenara (Castellón), 3 gennaio 1870 - Saragozza, 5 gennaio 1956

Fondatrice della Congregazione delle Suore del Sacro Cuore e dei Santi Angeli. Nata ad Almenara (Castellón) nel 1870. Fin da giovane si prese cura di donne sole e bisognose a Valencia, dove fondò nel 1911 la prima Casa, creando la Società Angelica. Morì nel 1956, e venne beatificata nel 1995. Gli spagnoli la chiamavano "Angelo della solitudine". E' stata canonizzata da Papa Giovanni Paolo II il 4 maggio 2003.




Nacque il 3 gennaio 1870 nel piccolo paese di Almenara (Castellon) in Spagna, da genitori poveri ma molto cristiani. Divenne orfana di entrambi nel giro di pochi anni e in sequenza, morirono anche quattro dei sei fratelli; rimase solo lei Genoveva, la più piccola di otto anni ed il fratello più grande Giuseppe di 18 anni.
Dovette prendersi cura della casa e del fratello, anche quando questi due anni dopo si sposò e questa situazione durò fino ai tredici anni. Genoveva Torres Morales ebbe quindi un’infanzia piena di stenti e di sacrifici, sottoposta ad un lavoro superiore alle sue forze, che le impedì di completare l’istruzione già precaria della scuola rurale del paese.
Nel 1882 comparve un tumore al ginocchio, certamente a causa del genere di vita stentata che conduceva ed a 13 anni le venne amputata una gamba; a seguito dell’intervento eseguito in modo rudimentale, fu costretta a camminare sempre con due stampelle.
Subì una lunga e dolorosa convalescenza e nonostante la grave menomazione, ricominciò ad accudire ai lavori domestici, ma due anni dopo si ammalò di nuovo gravemente e nel 1885 si riuscì a ricoverarla nella “Casa della Misericordia” di Valenza, condotta dalle Suore Carmelitane della Carità.
Qui rimase per nove anni, maturando la sua personalità, approfondendo la sua formazione spirituale e completando quella culturale, che era carente. Non essendo stata ammessa nella Congregazione delle Carmelitane della Carità, come avrebbe desiderato, lasciò la “Casa della Misericordia” nel 1895 e si ritirò nel suo paese natio con due donne, Isabella ed Amparo, con l’imprecisa idea di dar vita ad un’associazione con fini spirituali ed apostolici e cioè il culto eucaristico e l’assistenza ai bisognosi; aveva 25 anni.
Consigliata da valenti direttori spirituali, soprattutto gesuiti, andò precisando negli anni seguenti il progetto del nuovo Istituto denominato “Società Angelica”, con il fine di accogliere in apposite case, donne e signorine bisognose di assistenza.
La prima casa si aprì nel 1911 a Valenza seguita rapidamente da altre a Saragozza, Madrid, Barcellona, Bilbao, Santander, Pamplona. La casa generalizia fu stabilita a Saragozza insieme al noviziato; di carattere affabile e misericordioso, diresse con sapienza spirituale l’Opera da lei fondata, che con l’approvazione pontificia, venne denominata Congregazione delle “Suore del Sacro Cuore di Gesù e dei Santi Angeli”.
Devotissima alla Madonna, particolarmente attraverso la preghiera del Rosario, ebbe come centro della sua vita il Cuore di Gesù e l’Eucaristia; del resto soltanto le solidissime virtù di fede, speranza, carità, umiltà, fortezza e spirito di preghiera e sacrificio, che costituivano la sua personalità, potevano farle superare le grandissime difficoltà materiali e morali che l’assillavano, per la formazione delle suore, la fondazione delle nuove case, affrontando i tanti e scomodissimi viaggi, nonostante la grave menomazione fisica e la sempre cagionevole salute.
Le malattie si aggravarono negli ultimi anni, a cui si aggiunse una completa sordità e venendo meno le forze per la vecchiaia, nel 1954 lasciò la guida di Madre Generale e circondata dalle cure delle sue suore, si spense a Saragozza il 5 gennaio 1956.
In vita e dopo la morte, fu circondata da vera fama di santità, il popolo cominciò ad invocarla con l’appellativo di “Angelo della solitudine”.
Venne beatificata da papa Giovanni Paolo II il 29 gennaio 1995 e dopo solo otto anni, è stata proclamata santa dallo stesso pontefice il 4 maggio 2003 a Madrid, durante il suo quinto viaggio in Spagna. Il papa nella sua omelia durante la cerimonia di canonizzazione, ha detto di lei: “Santa Genoveva Torres, fu strumento della tenerezza di Dio verso le persone sole e bisognose di amore, di consolazione e di cure nel corpo e nello spirito. La nota caratteristica che dava impulso alla sua spiritualità, era l’adorazione riparatrice dell’Eucaristia, fondamento a partire dal quale, svolse un apostolato pieno di umiltà e semplicità, di abnegazione e di carità”.


"Palantir"
00giovedì 5 gennaio 2006 14:40
Sant' Astolfo Monaco e vescovo

5 gennaio

† Magonza, 28 gennaio 826

Astolfo il nome latino è ‘Uistulfus’ ed è ricordato il 5 gennaio dal ‘Martirologio Geronimiano’ come vescovo di Magonza, città della Germania, sede vescovile dell’VIII secolo che divenne il centro ecclesiastico di tutta la Germania.
Di lui si sa che fu monaco a Wissemburg ed ebbe molti contatti con la celebre abbazia di Fulda, sede nel Medioevo di una importante scuola monastica.
Dalle poche notizie che si sanno, si rileva che Astolfo fu vescovo di Magonza e che durante il suo episcopato nell’814, ordinò sacerdote il celebre monaco benedettino Rabano Mauro (784-856), autore dell’opera enciclopedica “De Universo”.
S. Astolfo morì a Magonza il 28 gennaio 826.
"Palantir"
00giovedì 5 gennaio 2006 14:42
San Giovanni Nepomuceno Neumann Vescovo

5 gennaio

Prachatitz (Repubblica Ceca), 28-3-1811 - Filadelfia (Usa), 5-1-1860

Giovanni Nepomuceno Neumann nacque in Boemia nel 1811. Studiò per diventare sacerdote, ma non vi riuscì. Allora nel 1836 emigrò negli Stati Uniti. A Manhattan fu ben accolto dal vescovo John Dubois che aveva solo 36 preti per gli Stati di New York e New Jersey. Due settimane dopo il suo arrivo fu ordinato e inviato a Buffalo, dove ebbe la cura della zona rurale. Per raggiungere tutte le anime a lui affidate, dormiva poco e spesso si nutriva solo di pane e acqua. Aderì all'ordine redentorista e nel 1852 divenne vescovo di Filadelfia dove edificò cinque chiese e iniziò la costruzione della cattedrale. Si dedicò ai giovani. Morì nel 1860 ed è santo dal 1977. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale




Il suo secondo nome deriva da un santo del XIV secolo, detto Nepomuceno perché nativo di Nepomuc, in Boemia; cioè nella sua stessa regione di origine, che nell’Ottocento apparteneva all’Impero austro-ungarico. Giovanni è figlio di artigiani, che lo avviano agli studi classici, dai quali passa poi al seminario: prima a Budejovic e poi a Praga. A 24 anni è pronto per il sacerdozio, ma c’è un rinvio. Dalle lettere di san Paolo apostolo egli ha ricevuto la vocazione missionaria; poi, gli scritti di evangelizzatori suoi contemporanei gli hanno suggerito una precisa destinazione: il Nord dell’America. D’accordo con il suo vescovo di Praga, parte verso gli Stati Uniti nel febbraio 1836, e vi sbarca quattro mesi dopo, al tempo del presidente Andrew Jackson.
Monsignor John Dubois, allora vescovo di New York, lo ordina sacerdote e lo manda nel nord dello Stato, dove ci sono molti immigrati di origine tedesca. Giovanni si installa nella cittadina di Williamsville, e una casetta diventa il suo campo-base. Di lì parte per visitare i villaggi sparsi: incontri, conoscenze, amicizie; qualche volta anche scontri e avversioni, più una scoraggiante povertà di mezzi. Ma così egli si sente realizzato, vivendo alla maniera descritta da Paolo apostolo nella seconda lettera ai cristiani di Corinto: «Viaggi innumerevoli... pericoli nelle città, pericoli nelle solitudini deserte..., nella fatica e nell’avversità, nella fame e nella sete». Una vita, però, che con il tempo dà i suoi frutti: le prime chiese qua e là, e con esse via via le scuole, i collegi per ragazzi soli, le opere della promozione sociale.
Nel 1842, Giovanni Neumann entra a far parte, con i voti pronunciati a Baltimora, dei Redentoristi, la congregazione fondata da sant’Alfonso de’ Liguori. Nel 1852 viene nominato vescovo di Filadelfia. E questa è una felicissima scelta di papa Pio IX: sarebbe difficile trovare chi meglio di lui sappia guidare i sacerdoti con l’esempio personale. Ma non ha doti di amministratore, e perciò gli viene affiancato un coadiutore, monsignor Giacomo Federico Wood, davvero esperto in questo campo, ma anche uomo di qualche ambizione. Wood aiuta il vescovo, ma è anche un po’ smanioso di sostituirlo. C’è tutto quello che occorre per creare un conflitto, ma la reazione di monsignor Neumann è serenamente evangelica: affida a questo collaboratore la parte centrale della città, e riserva a sé il lavoro in periferia, nei piccoli centri e nelle case sparse della Pennsylvania.
Giovanni Neumann è uomo di dottrina, e scrive un catechismo che avrà 21 edizioni, ma resta soprattutto un uomo di Dio in cammino verso gli altri uomini. E così muore: in cammino. Un malore improvviso, infatti, lo schianta in una via di Filadelfia. «Celebrate le esequie, la fama della sua santità cominciò a diffondersi [...]. Dio infatti comprovava questa fama con i miracoli». Così ha detto di lui Paolo VI, il Pontefice che lo ha canonizzato nel 1977.


"Palantir"
00giovedì 5 gennaio 2006 14:44
Sant' Edoardo III il Confessore Re

5 gennaio

Oxford, 1004 - 5 gennaio 1066

Normanno da parte di madre, nel primo periodo la sua vita, visse in esilio in Francia per sfuggire all'invasione danese. Incoronato re d'Inghilterra nel 1043, si trovò a far da mediatore, con grandi difficoltà ed insuccessi, fra i Normanni e i Sassoni. Per spirito di conciliazione, sposò Edith, la figlia colta e intelligente del suo principale avversario politico. Il matrimonio, nonostante inizialmente fosse stato dettato dalla ragion di Stato, fu caratterizzato da un profondo accordo. Mite e generoso, Edoardo lasciò una traccia indelebile nel popolo inglese che lo venerò non solo per alcuni saggi provvedimenti amministrativi ma, principalmente, per la sua bontà, per la carità verso coloro che avevano bisogno e per la santità della sua vita. A lui si deve la restaurazione del monastero di Westminster.

Patronato:Re

Etimologia: Edoardo = che si cura della proprietà, dal tedesco

Emblema: Anello




Ci sono due Santi, di nome Edoardo: tutti e due celebri, e tutti e due Re di Inghilterra. Il primo, zio del secondo, è Sant'Edoardo Martire. Il secondo, oggi ricordato, è detto " il Confessore ", perché dichiarò apertamente la fede cristiana durante tutto il suo Regno, non a parole, ma vivendola; e insegnandola ai sudditi con la tacita eloquenza dell'esempio.
Edoardo fu un Re vittorioso, non però un grande Re. Fu un'anima tersa, non un Sovrano forte. Fu uomo caritatevole, non un monarca intrepido. Re poco autorevole, le sue doti gli valsero una popolarità non di entusiasmo, ma di affetto, negata spesso ai grandi della storia.
Educato alla Corte di Normandia, si sentiva un po' straniero in Patria, quando giunse, nel 1042, sul trono degli avi. Del Re ebbe l'aspetto e il portamento, restando però uomo affabile e modesto. Molta preghiera, molti esercizi di pietà, poco cibo, poche bevande, una vivissima carità, ecco le norme che guidarono la sua vita dalla gioventù fino alla vecchiaia.
Non seppe opporsi ai capi dell'aristocrazia, che sminuirono a loro favore il prestigio e il potere del Re. Ma fece venire dal continente sacerdoti e religiosi di alto valore, la cui influenza nella vita spirituale del paese durò più a lungo delle conseguenze politiche del Regno del debole Sovrano.
Morì senza discendenza, nel 1066, poco dopo la consacrazione della restaurata chiesa abbaziale di We-stminster, l'antichissimo monumento che simboleggia le aspirazioni e le lotte religiose dell'Inghilterra. Egli fu, per molto tempo, l'ultimo Re nazionale: dopo di lui, Guglielmo I detto il Conquistatore, Duca di Normandia, usurpò con successo il trono inglese.
Si aprì un nuovo periodo storico e presto i pittoreschi e pacifici costumi dei tempi andati furon ricordati, con una punta di nostalgia, come " la legge del buon Re Edoardo ", al punto che la fantasia popolare immaginò il Santo come un saggio legislatore, un novello Salomone e secondo Giustiniano.
Perciò, prima di San Giorgio negli ultimi secoli del Medio Evo, si invocò protettore del paese proprio Sant'Edoardo, nel quale i re stranieri vedevano un ideale modello, e il popolo un simbolo di equo governo e di patriottismo anglosassone.
Sulle reliquie del Re debole nella storia e forte nella fede, accolte a Westminster, il popolo inglese trovò così un punto d'incontro con i regnanti di provenienza straniera, in una devota pacificazione che avrebbe garantito nei secoli la fortuna e la vitalità del paese.

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