Caro Umberto, ormai questa Lega sembra pietrificata - di GILBERTO ONETO
Nel suo intervento al Congresso della Lega Lombarda Umberto Bossi ha enfatizzato la compattezza dimostrata. Ha ragione: la dirigenza del partito non muove neanche le palpebre, se non a comando e all'unisono. Sono alcune centinaia di persone che hanno cariche e prendono stipendi, avvinghiate a un battello scricchiolante, attente a non fare movimenti bruschi che potrebbero comprometterne il precario galleggiamento. Ieri, come sulla Zattera della Medusa, c'erano tutti: parlamentari, assessori, consiglieri di amministrazione e aspiranti tali. Un ingorgo di auto blu e di guardaspalle che faceva rimpiangere le riunioni un po' abborracciate della Lega ruspante del passato: gessatini invece di elmi insubri, eleganti pochette al posto delle camicie verdi. È vero quel che ha detto Bossi: si tratta di un gruppo coeso e compatto che ha superato ogni dissidio e che respira con circospezione per non fare onde. Devono restare abbracciati e immobili come pinguini su un lastrone di ghiaccio a primavera perché il mare attorno è piuttosto agitato: la base è scontenta e anche molti dei delegati (prudentemente confinati al sabato sera) hanno usato toni inusuali alle riunioni leghiste, i mugugni sono molto più di un brusio, gente come Pagliarini e Colleoni dice cose che anni fa avrebbero procurato espulsioni e anatemi. I militanti che di solito sono l'entusiastico contorno dei congressi erano molto pochi, non c'erano striscioni o banchetti. Non si è cantato il Va' Pensiero, sostituito da un gorgheggio da piano bar di Memo Remigi, nel ruolo dell'Apicella di Gemonio. Il mugugno e lo scontento erano palpabili. Per questo nessuno ha toccato il tasto doloroso della Credieuronord, nessuno ha citato le disavventure giudiziarie di Brigandì o Robusti, e si è votato per acclamazione senza rischiare che un'ondata di schede bianche o la folata di vento procurata da qualche braccio alzato scuotesse la zattera. La prova che dietro le dichiarazioni trionfalistiche si soffra la sindrome del Triangolo delle Bermude è l'intervento finale di Giuseppe Leoni, l'eminenza grigia della Lega, uno di quelli che tirano i fili da casa Bossi, che è dietro le grandi decisioni, che non compare mai, se non ai funerali. Ebbene - novità assoluta - Leoni è salito sul palco e, con devolution della sintassi, ha ribadito la confessionalità paolotta della nuova Lega e ha tuonato contro i militanti felloni che non comperano il quotidiano del partito. Non lo fanno neppure i dirigenti, ma ha elegantemente glissato. Che sia stato costretto a uscire allo scoperto significa che dietro il paravento della compattezza, gli scricchiolii hanno superato il livello di guardia. L'importante è non fare movimenti bruschi, anzi non farne affatto, minacciare sfracelli ma non muovere un dito. Fare i bravi. É stato il Congresso dei buoni sentimenti e della mummificazione delle idee e dei progetti di libertà. Dopo avere promesso tempeste e ribaltoni, si è deciso di andare di bolina fino al Congresso federale dove - salvo telefonate da Arcore e ripensamenti - «se ne vedranno finalmente delle belle». La sola certezza è però la trionfale rielezione di Bossi, nonostante non sia più palesemente in condizione di sostenere il difficile ruolo di nocchiero, anche se in troppi fanno finta di crederlo in perfetta forma. Fa comodo ai dirigenti perché è garanzia del loro stipendio. Fa comodo a Berlusconi, che spera che questa Lega gli porti ancora quel 3 per cento che può fare la differenza. Fa comodo alla sinistra perché questa Lega in dissoluzione le farà vincere le elezioni che una Lega forte le farebbe perdere. Fa comodo al sistema perché questa Lega e questa dirigenza sono la più sicura garanzia che non cambierà nulla. Più che un Congresso è stata una operazione di imbalsamazione. Questa Lega è compatta. Come pietrificata.
Libero 16/01/07